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FOTO | VIDEO | “Ultima birra 17.30”: viaggio a Bologna, city senza food

Da via Indipendenza a via Farini, da Piazza della Mercanzia a via del Pratello, una città irriconoscibile che, di colpo, vive solo d'asporto

Pubblicato:27-10-2020 13:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:07

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bologna_lockdownBOLOGNA – Tendoni chiusi, zuppi e gocciolanti; tavolini accatastati, sedie radunate in un angolo, a lato dei grandi pavimenti in legno che riempiono di dehors le strade di Bologna. Piove e tira vento in questo ultimo lunedì di ottobre nella “city of food”: stasera non c’è proprio il clima giusto per una cenetta fuori casa. Il clima mite che invogliava apericene e menu all’aperto fino al giorno prima è stato spazzato via. Come i clienti e i loro ristoranti, però. E il maltempo forse maschera almeno un po’ questa prima sera con il coprifuoco a cui bar, ristoranti, osterie e pub hanno dovuto piegarsi sotto le Due torri per ordine del nuovo dcpm anti-Covid. Qualcuno si era ‘arreso’ fin dal mattino: “Nuovo orario di chiusura alle 18. Ultima birra alle 17.30”, avvisava un pub di piazza dei Martiri quando ancora era orario da caffè. Aggiungendo: dall’1 novembre “il nostro locale rimarrà chiuso”.

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Serrande abbassate, strade bagnate e spettrali si sono riprese le scena poche ore dopo, lì dove di solito è protagonista la movida. E così mentre in altre città del nord, come Milano e Torino, la protesta contro il semi-lockdown ieri animava le piazze rimaste senza locali, Bologna sotto la pioggia era semideserta, per una sera a letto presto. Via delle Moline, fino a domenica invasa da tavolini e seggiole, tanto da impedire il passaggio alle stesse biciclette, ieri sera era un’autostrada dove i riders acceleravano sui pedali senza timore di incrociare ostacoli. Nella vicina e più larga via Righi le luci del portico sono rimaste accese su una sfilata di serrande abbassate e menu che nessuno ordinerà mai. Al fianco, gli scheletri dei dehors che ogni sera, Covid o non Covid, non faticano ad accogliere i clienti. E solo domenica, i turisti raccontavano che si faceva fatica a prenotare al ristorante.

Il primo lunedì di stop forzato per Bologna ‘la grassa’ è un deserto dove si avvistano solo riders, poliziotti, ambulanze; e i pochi cuochi che non abbandonano la loro ‘nave’: restano lì, a due passi dai tavoli senza clienti, col grembiule ancora annodato e lo sguardo sul telefono o il pc, unico compagno della loro strana serata. “Una barzelletta”, confida un pizzaiolo. Ma c’è poco da ridere. Tra piazza della Mercanzia e piazza Santo Stefano c’è un cuoco tutto vestito di nero, sguardo torvo, che fuma una sigaretta al riparo dal tendone di un dehor; alcuni colleghi lì a fianco fanno lo stesso in attesa che qualcuno ordini da portar via. Sotto il portico di fronte, una pattuglia di vigili urbani dà una controllatina; si riparano sotto Palazzo della Mercanzia dove poco prima qualche studente si accontentava di una pizza e una birra, lasciate lì prima di rincasare sotto la pioggia.

Il ‘viaggio’ nella notte bolognese parte dalla centralissima via Indipendenza. Via Falegnami di solito è un fiorire di tavolini che invadono la ciclabile. Stasera è vuota: nella pizzeria che si affaccia sulla strada è stata tirata una tenda sul bancone che dice chiaramente che si è chiusi anche se la porta di ingresso è aperta; una cuoca dirimpettaia esce dalla cucina con due sacchetti da asporto per due clienti che aspettano sotto al portico. È tutto lì. Vuota e buia è via Righi, c’è più luce in via Moline dove spicca il locale dell’ex ribelle Giovanni Favia, il Vamolà: un grande cartello all’ingresso promette almeno l’asporto. Sedute e tavolini sono ordinati di lato. Le altre sedie accatastate riempiono i locali. Stasera gli universitari fanno più fatica a mettere qualcosa sotto i denti se non han voglia di cucinare a casa: una coppia di ragazzi entra in una pizzeria da asporto; un altro giovane si china per ordinare da sotto una serranda mezza abbassata.

Basta avvicinarsi a chi ha anche solo le serrande a mezza altezza che si vede il titolare alzare la mascherina e venirti incontro. Come va? “Assurdo, pazzesco…- commenta il titolare di una pizzeria- ma come si fa? Dopodomani in piazza Maggiore c’è la protesta e ci stiamo coordinando con i colleghi della zona, per andare assieme, però…”. Però? “Però ci metteremo là, diremo che siamo arrabbiati stando a un metro di distanza e poi non succederà nulla… Bisognerebbe, servirebbe un po’ di disordine come ‘giù'”. Vedi Napoli. Ma qui forse non sarebbe capito… “No guarda: ci han fatto comprare l’igienizzante, mettere distanti, la mascherina, prendere la temperatura e poi ci hanno detto ‘adesso chiudete’, siamo noi che non capiamo“.

Se le vetrine non sono abbassate si può sbirciare dentro. C’è qualcuno che riassetta, chi scrive al pc, chi legge un libro… nessuno che mangia o beve. Piazza Verdi è deserta, si sentono solo voci straniere stasera. E chi incontri non ti offre uno spuntino. Vuota via Petroni, silenziosa per una sera. Vuota e buia piazza Aldrovandi; vuota via Farini, vuota via Orefici porta d’ingresso del mangereccio Quadrilatero. Vuota piazza Maggiore e così via fino all’altro ‘polo’ della Movida: bologna_lockdownvia del Pratello. Anche qui nessuno, solo qualche asporto, un uomo che passeggia con l’ombrello aperto sotto il portico e una grande stella rossa che illumina la strada che in un colpo ha perso chi riempiva i suoi mille locali. Anche qui solo serrande abbassate o luci che illuminano osterie vuote. Potrebbero essere le 3 di una notte di rigido inverno, sono da poco passate le 21.

All’ingresso di via San Gervasio, anche qui terra di tavolini e taglieri, la luce accesa di un take away mette in risalto il buio del ‘vicino’, un ristorante grande il doppio che non ha neanche lasciato le insegne accese. Al Mercato delle Erbe si potrebbe entrare, stasera non c’è da sgomitare. Ma non c’è neanche nessuno a cui ordinare. Solo sedie sui tavoli. Nella vicina via Nazario Sauro ha aperto da poco un locale di pesce: ogni sera c’è una fila di almeno 20-30 persone che aspetta di entrare e ordinare; stasera si può passare sotto il portico in bologna_lockdownbici senza timore di trovare traffico. Il ristorante etnico lì a fianco stasera sfoggia solo la sua bellissima serranda decorata.

Poco più in là, di nuovo a due passi dal centro, il vigilante all’ingresso di McDonald’s ha poco traffico da dirigere. Anche qui solo asporto, e un dehor vuoto. Stessa sorte per il ‘re’ dei ristoranti bolognesi, il mitico Diana, splende nella notte con la sua insegna d’argento: ma stasera, illumina solo un graffito che si è preso la scena sulla sua serranda.











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