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Le israeliane per la pace: “Pronte a tutto, è per i nostri figli”

Alla Dire Manu Rotstein, animatrice del movimento Women Wage Peace

Pubblicato:25-10-2023 14:35
Ultimo aggiornamento:25-10-2023 16:41
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ROMA – “Smuoveremo le montagne perché i nostri popoli si parlino e perché si raggiunga un accordo; lo faremo per la sicurezza e per il futuro dei nostri bambini”. Manu Rotstein, attivista del movimento israeliano Women Wage Peace, parla con l’agenzia Dire di una nuova alleanza con le donne palestinesi. La sua voce arriva al telefono da Ramat Gan, una cittadina a est di Tel Aviv.

“Insieme con le attiviste palestinesi di Women of the Sun abbiamo firmato ‘L’appello delle madri'” riferisce Rotstein, ricordando la cerimonia al termine di una manifestazione congiunta che è partita all’ombra del muro di separazione presso Betlemme e ha raggiunto la riva del mar Morto: era il 4 ottobre, tre giorni prima dei raid e degli assalti di Hamas nel sud di Israele che hanno provocato più di 1.400 morti.

“Il nostro è un movimento di base che ha 44mila membri, donne israeliane di tutte le origini, ebree, arabe, religiose, atee” spiega Rotstein. “L’idea di fare rete partì al tempo della campagna militare contro la Striscia di Gaza del 2014; oggi con le madri palestinesi ci unisce il fatto che vogliamo disperatamente trovare una soluzione a questo conflitto”.


Secondo l’attivista, “l’obiettivo comune” nasce dalla consapevolezza che chi ha responsabilità politiche in Israele e nei Territori palestinesi sta sbagliando. “Guardate dove ci hanno portato le loro azioni” accusa Rotstein: “Non vorremmo mai e poi mai trovarci al punto dove siamo oggi“.

Secondo l’attivista, chi desidera la pace deve impegnarsi subito sia per la liberazione delle oltre 200 persone prese in ostaggio durante i blitz di Hamas e da allora prigioniere a Gaza sia per garantire l’assistenza umanitaria a tutti coloro che nella regione palestinese ne hanno bisogno.

Nell’intervista si parla dell’inasprimento dell'”assedio” deciso da Israele dopo il 7 ottobre, seguito ad anni di restrizioni che hanno avuto un impatto economico e sociale. Ci sono poi le oltre 5mila vittime causate dai bombardamenti di Tel Aviv e lo stop ai visti per i rappresentanti delle Nazioni Unite impegnati nella fornitura dei servizi di emergenza. Al riguardo, Rotstein sottolinea: “Bisogna fare una distinzione tra Hamas e la popolazione palestinese, che deve essere liberata dal terrorismo e deve poter condurre una vita migliore”.

Tra le persone rapite il 7 ottobre e tuttora scomparse c’è Vivian Silver, una delle animatrici di Women Wage Peace. Settantaquattro anni, si era trasferita in Israele dal Canada e viveva a Beeri, uno dei kibbutz prossimi al confine con Gaza presi di mira da Hamas. “La liberazione sua e di tutti gli altri ostaggi è la nostra priorità” sottolinea Rotstein. Senza entrare nel merito di negoziati, scelte politiche o soluzioni possibili, l’attivista allarga poi lo sguardo: “Il massacro del 7 ottobre non ha fatto che confermare quanto sia urgente lavorare per la pace, che è l’unica via possibile, soprattutto per i nostri figli”.

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