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Il Governo approva il super green pass e ingabbia i no vax, non i partiti

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:24-11-2021 19:02
Ultimo aggiornamento:24-11-2021 19:02

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ROMA – Il Governo ha detto sì al super green pass e alle misure di restrizione contro chi sfugge all’inoculazione del vaccino. Anche Matteo Salvini, leader della Lega, che su alcuni aspetti aveva storto il naso, alla fine è stato messo in riga dai suoi Governatori leghisti e costretto a dare il via libera della Lega. Così sarà il premier, Mario Draghi, ad incontrare i giornalisti e forte del mandato ricevuto dai partiti di maggioranza, potrà spiegare ai cittadini perché la stretta è necessaria se si vuole arginare il contagio e mantenere tutto aperto almeno per la stragrande maggioranza che si è vaccinata.

Non sarà facile far passare il messaggio, anche perché i circa sette milioni di cittadini no vax, facile prevederlo, non se ne staranno buoni a cuccia. Alla fine sono elettori e sanno che i loro voti fanno gola. E gli interessati, come si è visto in questi mesi dalle diverse sfumature, non sono solo la Lega che appoggia Draghi ma pure i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni all’opposizione.


Per quanto riguarda i partiti, invece, sotto traccia c’è fermento in vista delle prossime scadenze: elezione del nuovo Presidente della Repubblica, elezioni amministrative di primavera e, soprattutto, la riforma della legge elettorale. Il nuovo Parlamento, a seguito della riforma, sarà composto da soli 600 parlamentari, che non potranno certamente essere eletti con con l’attuale sistema maggioritario perché questo non garantirebbe adeguata rappresentanza.

Per quanto riguarda il Quirinale, Silvio Berlusconi è ridisceso in campo e si sta dando un gran daffare per acchiappare voti a destra e manca. Un attivismo che sta creando nervosismo anche nella Lega e in FdI, i partiti che dovrebbero garantire la gran parte dei voti. In pochi credono che ce la farà, anche se il Cavaliere in passato ha lasciato più di uno a bocca aperta. E con un Parlamento che ha il record dei cambi di casacca la sorpresa è dietro l’angolo.

Il Pd al momento sta a guardare, mentre Matteo Renzi, il senatore d’Arabia come lo ha battezzato il Fatto di Travaglio, cerca in tutti i modi di piazzare Italia Viva al centro del dibattito. Ad esempio, il mettersi a tavola per far pace con Paolo Gentiloni, ex premier oggi Commissario europeo, da molti è stato interpretato come il lancio di un possibile candidato Dem. Cosa che non è affatto piaciuta dalle parti del segretario Enrico Letta che, si sussurra in Parlamento, spera ancora che alla fine, per il bene del Paese e del Governo Draghi che deve rilanciare l’economia e affrontare la nuova ondata covid, il presidente Mattarella ci ripensi e su richiesta dei partiti della maggioranza decida di restare al Colle fino alla fine della legislatura.

In casa M5S, dopo la sparata di Grillo contro Conte, stasera il presidente incontrerà tutti i parlamentari ‘grillini’. Ha capito che servirà fare fronte comune perché proseguendo così, nel continuo sfilacciamento, alla fine sono tutti gli altri partiti a godere. Molti se la prendono con Letta e il Pd che nella partita delle nomine Rai “ha pensato ai cavoli suoi” dicono. E c’è voglia di vendetta, a partire dalla bocciatura di Vasco Errani (Leu) indicato dal centrosinistra come relatore sulla manovra, che verrà sostituito con l’autonomina di un senatore del Movimento.

Conte deve sganciarsi dal consigliere Bettini – dice un ‘grillino’ di rango parlamentare – perché se continua a dar retta a quella campana alla fine resterà suonato”. Che fare? Magari il M5S potrebbe intestarsi e rilanciare la partita delle partite, quella della nuova legge elettorale appunto. Facendo saltare il tavolo e creando non pochi problemi a tutti gli altri: c’è già depositata una loro bella proposta di legge proporzionale con sbarramento e preferenza. Una battaglia contro le segreterie che vogliono continuare a decidere chi (far) eleggere, per garantire la rappresentanza, per ridare a noi cittadini il potere di scegliere e decidere chi mandare in Parlamento.

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