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L’appello da Roma per il Myanmar: “L’Italia riconosca il governo di unità nazionale”

A lanciare questi appelli dalla centrale piazza San Silvestro di Roma è il prete birmano domenicano Hilario Plureh O.P.

Pubblicato:24-04-2021 15:48
Ultimo aggiornamento:25-04-2021 17:18
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ROMA – Riconoscere il governo di unità nazionale (Nug) ‘ombra’ birmano, espressione “della volontà del popolo”. E poi sostenere e proteggere e le oltre 30.000 persone che hanno lasciato il Paese come rifugiati, principalmente verso l’India e la Thailandia, a partire dal colpo militare dello scorso febbraio. A lanciare questi appelli al microfono dall’agenzia Dire dalla centrale piazza San Silvestro di Roma, a poche decine di metri da Palazzo Montecitorio, è stato il prete birmano domenicano Hilario Plureh O.P.

Il sacerdote è una delle decine di persone che hanno partecipato oggi a una manifestazione organizzata per richiedere al governo italiano di riconoscere l’esecutivo di unità nazionale istituitosi la settimana scorsa, in risposta alle azioni dell’esercito che ha preso il potere con un colpo di Stato lo scorso primo febbraio. L’esecutivo ‘ombra’ è costituito dai deputati del governo eletto a guida National League of Democracy (Nld) che sono stati destituiti, dai leader delle proteste delle ultime settimane e dai dirigenti delle diverse comunità etniche del Paese.

L’iniziativa è stata organizzata nelle stesse ore in cui l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean) tiene a Jakarta, capitale dell’Indonesia, un summit dedicato al Myanmar al quale è stato invitato anche il leader dell’governo militare, Min Aung Hlaing. La decisione di far partecipare il massimo dirigente delle forze armate è stata accolta dalle proteste di numerose ong birmane e internazionali, che hanno accusato l’Asean di legittimare un governo ritenuto responsabile di oltre 750 morti tra i manifestanti. “Stanno uccidendo la nostra gente, come possono sostenerlo?” si chiede Padre Plureh. Il religioso, insieme agli altri rappresentanti della diaspora birmana presenti in piazza, ha ribadito anche la richiesta di “rilascio dei deputati arrestati dall’inizio del golpe”, tra i quali figura l’ex consigliera di Stato nonché premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, e “l’istituzione di una governo democratico federale“.


A schierarsi contro la posizione dell’Asean è stata anche Cecilia Brighi, presidente dell’associazione Italia-Birmania. Insieme, ascoltata dall’agenzia Dire a margine della manifestazione. “Siamo contro la posizione dell’organismo regionale che ha invitato Aung Hlaing, perchè il responsabile della costante repressione che si vive nel Paese, di centinaia di morti, migliaia di arresti e dei bombardamenti negli Stati etnici”. Un riferimento, quest’ultimo, soprattutto agli scontri che da settimane vanno avanti nello Stato Kachin, il più a nord del Paese, tra l’esercito regolare e i ribelli del Kachin Indipendence Army (Kia). Brighi ha affermato inoltre che contatti della sua associazione in Myanmar hanno riferito di “un numero sempre maggiore di defezioni all’interno dello stesso esercito, nonostante il rigido controllo al quale sono sottoposti i suoi membri”.

Il sostegno al Nug è stato rilanciato anche dal senatore del gruppo per le Autonomie ed ex presidente della Camera, Pierferdinando Casini, che ha ribadito l’appello “al nostro e a tutti i Paesi a riconoscere il governo di unità nazionale e a schierarsi contro un golpe crudele e inaccettabile”.

Al nostro governo si è rivolto anche Michele Bellamy Postiglione. Figlio della principessa June Rose Bellamy Yadana Nat Mai, che è stata anche moglie dell’ex presidente del Myanmar Ne Win, al potere per sette anni tra il 1974 e il 1981, Bellamy Postiglione ha detto all’agenzia Dire che “è necessario che il nostro esecutivo metta fine a qualsiasi posizione ambigua e riconosca il Nug come unico interlocutore possibile, in quanto figlio delle elezioni dello scorso novembre che avevano dato un esito chiaro in favore dell’Nld”. L’attivista, impegnato da anni a sostengo della democrazia in Myanmar, ha lanciato poi un appello al ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi di Maio: “Il ministro ha annunciato che a maggio il nostro esercito si ritirerà dall’Afghanistan. Mi chiedo – ha proseguito Bellamy Postiglione – perchè la nostra missione di pace non possiamo spostarla un po’ più a est, in Myanmar, dove ce ne sarebbe davvero bisogno”.

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