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VIDEO – Otto Bitjoka: “L’Italia appoggi la battaglia dell’Africa per la sovranità”

Voci e riflessioni grazie al "Progetto Africa-Europa: identità e differenze, culture politiche in dialogo"

Pubblicato:23-11-2023 15:00
Ultimo aggiornamento:23-11-2023 15:00
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ROMA – I nemici dell’Occidente non sono per forza nemici dell’Africa; al contrario, gli amici dell’Africa sono quelli che la aiutano nelle sue “battaglie per la sovranità” prendendo atto che oggi nel continente cresce “un movimento neo-sovranista popolare”. Parole e pensieri affidati all’agenzia Dire da Otto Bitjoka, lombardo e camerunense, presidente dell’Unione delle comunità africane d’Italia (Ucai).

L’EUROPA E I “NUOVI ATTORI”

Si parte dalle specificità delle proposte europee a sud del Sahara rispetto a quelle dei cosiddetti “nuovi attori”, dalla Cina alla Turchia. “Il male è il predatore, che di solito non ha volto, non sappiamo chi è ma vediamo la predazione” la premessa di Bitjoka. Che sottolinea: “Quando si parla di ‘nuovi attori’ bisogna considerare che gli africani sono capaci di pensare e che non sono bambini”. Poi, in prima persona: “Vogliamo banalmente la nostra sovranità, vogliamo che gli altri imparino a lasciarci fare secondo i nostri paradigmi endogeni, vogliamo che banalmente gli altri accettino che noi possiamo anche sbagliare con le nostre scelte e imparare dagli errori”.

CHI SONO I NEMICI E CHI SONO GLI AMICI

Il presidente di Ucai continua: “Non è vero che i nemici dell’Occidente sono per forza nemici degli africani; i nostri amici sono quelli che ci aiutano nelle nostre battaglie per la sovranità”. E ancora: “Credere di poterci spingere a considerare che chi è nemico dell’Occidente deve essere nostro nemico vuol dire che c’è la tendenza a infantilizzarci”. Il presidente di Ucai sottolinea: “Questo noi non lo accettiamo; oggi c’è un movimento del neo-sovranismo popolare e dobbiamo tenerne conto”. Si tratta, secondo Bitjoka, di un approccio “non ideologico”, che a 60 anni dalle indipendenze dai colonialisti europei “dice adesso basta”. Infine, un cenno al Piano Mattei proposto dal governo italiano e ad altre iniziative europee. “Vogliamo fare le cose nostre, vogliamo poter sbagliare, vogliamo scegliere un compagno per il nostro percorso e per il nostro rinascimento” dice Bitjoka. “Vogliamo la nostra agenda, non l’agenda degli altri, che non è sovrapponibile alla nostra”.


IL PROGETTO AFRICA-EUROPA

L’occasione dell’intervista è l’incontro conclusivo del ‘Progetto Africa-Europa: identità e differenze, culture politiche in dialogo’, supportato nell’ultimo anno dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

LEGGERE IL PIANO MATTEI

Coinvolgere gli afroitaliani nel Piano Mattei “era ed è politicamente corretto” e su questa iniziativa gli afroitaliani faranno a tempo debito “una lettura disincantata e afrocentrista”: lo sottolinea Otto Bitjoka, presidente dell’Unione comunità africane d’Italia (Ucai), in un’intervista con l’agenzia Dire. L’occasione è l’incontro conclusivo del ‘Progetto Africa-Europa: identità e differenze, culture politiche in dialogo’, supportato nell’ultimo anno dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
“Il decreto del Piano Matteo pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 15 novembre l’ho letto, con diletto e con grande attenzione, da africano, perché è una cosa che ci riguarda” dice Bitjoka. “Devono essere implicati gli africani italiani, non so se ciò è stato previsto, ma credo che era ed è politicamente corretto coinvolgerli nel percorso”.

DISINCANTATI E AFROCENTRISTI

Il presidente di Ucai ricorda che i contenuti dell’iniziativa promossa dal governo del primo ministro Giorgia Meloni, denominata in omaggio alla visione dell’ex partigiano fondatore di Eni, non sono ancora noti. “Non sappiamo se hanno scelto tutti e 55 gli Stati africani o se ne hanno scelti alcuni in particolare, con quali criteri e puntando su quali settori e per questo non ha senso fare oggi una dichiarazione” evidenzia Bitjoka. “Bisogna però cominciare a capire la fenomenologia del pensiero di Enrico Mattei e contestualizzarlo nella nostra contemporaneità e nell’impianto di indirizzo politico-strategico di questo governo”. Secondo il presidente di Ucai, “l’Africa ha 55 nazioni e ognuna ha il proprio programma di sviluppo economico e omogeneizzare i progetti, identificando un settore comune per l’Italia, sarà allora un esercizio molto complicato”. Infine, rispetto al Piano Mattei, un impegno: “Quando tutte le carte saranno scoperte faremo una lettura disincantata e afrocentrista”.

MASSONI (LUISS): “STOP PROVINCIALISMO, COGLIERE OPPORTUNITÀ”

Il “provincialismo” impedisce di vedere le opportunità che possono essere colte con l’Africa, contribuendo a un ritardo europeo ormai decennale nei confronti di altri attori, come la Cina: è la prospettiva suggerita da Marco Massoni, professore di Politiche e società africane presso l’università Luiss. L’occasione è l’incontro conclusivo del ‘Progetto Africa-Europa: identità e differenze, culture politiche in dialogo’, un percorso coordinato dall’Unione delle comunità africane d’Italia (Ucai) con il sostegno del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Secondo Massoni, “bisogna favorire una narrativa e una retorica informativa che elevi il più possibile il livello della realtà circostante, perché il provincialismo dal quale spesso siamo circondati non ci consente di capire opportunità che invece in Africa colgono altri competitor”.

“CINA AVANTI DI DIECI ANNI”

Il professore sottolinea che anche gli Stati Uniti sono in ritardo, soprattutto con le loro piccole e medie imprese. “Soprattutto”, la tesi di Massoni, “se messi a confronto con un sistema capitalistico differente, sostenuto dallo Stato, che mette in campo un Paese come la Cina”. Poi un cenno alle politiche dell’Ue e in particolare all’iniziativa Global Gateway. “Come Europa battiamo in rimessa”, denuncia Massoni, “dieci anni dopo la cosiddetta Via della seta”.

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