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VIDEO | A Bologna trapiantato un cuore fermo da 20 minuti

Per l'Emilia-Romagna è stato il primo trapianto da donatore a cuore fermo. In Italia è stato fatto già altre 6 volte, ma mai in una struttura che non è sede di Cardiochirurgia.

Pubblicato:22-09-2023 15:22
Ultimo aggiornamento:22-09-2023 15:22

trapianto cuore fermo_bologna
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BOLOGNA – Anche un cuore che ha smesso di battere, da 20 minuti, può salvare una vita. È possibile grazie ad una procedura innovativa applicata con successo dagli specialisti di Cardiochirurgia del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, diretta dal professor Davide Pacini, assieme ai colleghi degli ospedali di Cesena e Ravenna. L’intervento completato al Sant’Orsola, il cosiddetto trapianto da “donatore a cuore fermo”, al centro oggi di una conferenza stampa in ospedale, è il primo in Emilia-Romagna nel suo genere (il settimo in Italia) e può aprire una nuova strada nei trapianti. La donazione “a cuore fermo” del Sant’Orsola (che solo da gennaio ad oggi registra già 39 trapianti di cuore di cui otto pediatrici, primo centro nazionale per numero di trapianti nel terzo anno consecutivo) risulta infatti significativa: in Italia è la prima volta che viene eseguita, in una struttura che non è sede di Cardiochirurgia.

In questo caso, infatti, i professionisti si sono mossi verso il paziente donatore e non il contrario. Gli specialisti della Cardiochirurgia dell’Irccs, in particolare, si sono recati all’ospedale di Santa Maria delle Croci a Ravenna e hanno prelevato il cuore con il supporto dell’Ecmo Team di Cesena, applicando una tecnica che consente di salvaguardare le funzionalità degli organi e facilitare la ripresa del cuore. Il trapianto dell’organo è stato poi effettuato a Bologna. Applaude infatti in conferenza, collegato da remoto, Massimo Cardillo, direttore generale del Centro Nazionale Trapianti, sull’operazione del Sant’Orsola: “Abbiamo rotto un tabù, sembrava impossibile in Italia realizzare questi interventi”.

Mettere in piedi un sistema in cui la squadra che preleva il cuore si sposta verso il donatore e non il contrario, spiegano del resto al Sant’Orsola, garantisce una replicabilità e performance migliori della procedura. Proprio grazie a questa competenza nel 2022 l’Emilia-Romagna è arrivata a quota 71 organi (tra rene, fegato e polmone): pari quasi al 40% del totale nazionale dei donatori Dcd. “Saper cogliere in tempi rapidi ogni innovazione in grado di migliorare ulteriormente l’attività dei nostri professionisti sanitari è uno degli obiettivi principali della sanità dell’Emilia-Romagna, e oggi ne abbiamo una conferma”, commenta Raffaele Donini, assessore regionale alla Salute, ringraziando i professionisti, al fianco in conferenza del rettore dell’Alma Mater Giovanni Molari. È “un traguardo importante per tutta la rete trapiantologica regionale, che si dimostra ancora una volta capace di eseguire con successo procedure complesse e dal carattere altamente innovativo”, evidenzia Chiara Gibertoni, direttrice generale dell’Irccs-Sant’Orsola.


In tutto questo, “il traguardo raggiunto non esisterebbe senza la generosità dei donatori“, ricordano Marina Terzitta, direttrice Anestesia e Rianimazione a Ravenna, e Andrea Nanni, coordinatore medico aziendale Procurement dell’Ausl Romagna, parlando di “risultato importante, grazie al tenace lavoro di squadra” messo in campo. Di più: secondo i professionisti coinvolti, si tratta di “un modello replicabile e efficiente che fa la differenza nel numero di vite salvate”. L’Emilia-Romagna, grazie a questo protocollo unico a livello nazionale, fornisce quasi il 40% dei donatori a cuore fermo (nel 2022 sono stati complessivamente 71 i donatori di questo tipo). In regione, inoltre, il 2022 è stato un anno record con 516 trapianti (29 di cuore, nove di polmone, 247 fegato, 229 rene e 2 di pancreas). La proiezione al 31 dicembre è “ancora più ottimistica”: previsti 578 trapianti.

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