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VIDEO | La storia di Marco e Vivien, perseguitati in Cina per il loro credo

Marco e Vivien sono due giovani cinesi e professano la religione della Chiesa di Dio onnipotente. In Cina sono perseguitati e per questo sono fuggiti in Italia, chiedendo la protezione internazionale. Ma non è facile ottenerla

Pubblicato:22-07-2019 17:32
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33
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https://youtu.be/SAU0YJ_2_tk

ROMA – Marco e Vivien sono due giovani cinesi e da molti anni vivono in fuga. Hanno dovuto abbandonare il loro Paese perché la Chiesa di Dio Onnipotente, di cui sono fedeli, “è perseguitata dal Partito Comunista Cinese che ha fabbricato delle dicerie contro la Chiesa e l’ha inserita nella lista delle sette, attribuendogli anche alcuni crimini”.

Dal primo febbraio 2018 con Xi Jinping, dicono, “la situazione è persino peggiorata” e, raccontano alla Dire, il partito di Governo ha iniziato ad attuare i suoi regolamenti sugli affari religiosi con l’obiettivo di “far estinguere le fedi e le Chiese”.


LA CHIESA DI DIO ONNIPOTENTE

Dopo Gesù Cristo “Dio si è di nuovo incarnato in Oriente, in Cina, e in una donna vivente“, si legge da più fonti, e nel 1991 ha iniziato a svolgere “ufficialmente il suo ministero. Per noi- spiega Vivien- la differenza di genere non è rilevante, quello che conta è l’anima. I nostri ministri di culto che guidano la comunità – paragonabili ai pastori di altre chiese cristiane – possono essere sia uomini che donne e sono liberi di sposarsi”.

‘La Parola appare nella carne’, ‘Il libro aperto dell’Agnello’, ‘Il Giudizio comincia dalla Casa di Dio’ e altri sono i testi sacri di riferimento di questa famiglia credente.


LA PERSECUZIONE

La storia di Marco inizia con un arresto nel 2003, mentre faceva proselitismo: “Sono stato interrogato, mi hanno picchiato con dei faldoni, raccoglitori e legato i pollici fino ad avere le dita nere e sanguinanti, mi hanno impedito di dormire”. La tortura è andata avanti per giorni, “fino alla condanna a un anno di reclusione. Mi hanno chiuso in una cella: una stanza di circa 50 metri quadrati dove eravamo in 70. Mi costringevano a stare a gambe divaricate nel bagno e mi buttavano addosso acqua gelata”. Marco è stato costretto, per non creare problemi alla sua famiglia, “a passare la vita da clandestino nascosto”.

Vivien ha perso il lavoro. Era impiegata con il fidanzato nel settore del design di calzature e insieme progettavano di sposarsi. Tutto accade “nel 2012 durante il tentativo di fare proselitismo nell’azienda in cui lavoravo. Sono stata arrestata. Il governo ha diffuso informazioni false sul nostro conto e sono finita in un totale isolamento“. Fidanzato, amici e colleghi allontanano Vivien per non avere problemi: “miei dirigenti della chiesa sono stati identificati e arrestati. Da allora sono costretta a vivere nascosta”.

L’unica soluzione possibile è espatriare: “Persino un cane ha più libertà di noi in Cina- dice Vivien tra le lacrime- mia madre mi disse: ‘L’importante è che tu possa avere una vita serena, anche all’estero se così potrai professare liberamente la tua fede’”. Così nel 2015 Vivien parte per l’Italia.


GOVERNO CINESE: “UNA SECONDA COREA DEL NORD”

“Non c’è alcuno sconto per le donne perseguitate in Cina. Così come per l’età: che siano giovani o anziani- spiega Vivien- le torture e le violenze sono le stesse per tutti”. E come un fiume in piena racconta di altre persone arrestate, sparite, morte nei gironi delle carceri cinesi e di donne che hanno subito violenza e tortura. “Nel 2012 fu il caso di una guida spirituale della Chiesa di Dio onnipotente. La polizia venne a sapere che era una donna nubile e le schiacciò il ventre con una scarpa. Poco dopo la donna ebbe una forte emorragia”. E un altro caso ancora: “Una donna incinta al quarto mese, arrestata nel 2002, fu malmenata. “Le percosse durarono fino a mezzanotte, la polizia obbligo’  il medico a farle un aborto procurato forzato e la condannò a 2 anni di carcere”.

Questa nostra intervista alla Dire è il nostro appello per chiedere aiuto“.


 

DIRITTO DI ASILO

In Italia, come scrivono in un report che inviano alla redazione dell’agenzia Dire, “finora ci sono 839 membri della chiesa che hanno presentato richiesta di diritto di asilo. Le persone che lo hanno ottenuto meno di 120, 317 sono state respinte e 402 sono ancora in attesa”. Marco ha chiesto diritto di asilo “nell’ottobre del 2015”. Gli è stato contestato “il possesso di un regolare passaporto”. Ora ha fatto ricorso alla Cassazione e “il procedimento di valutazione non è finito”.

Anche Vivien nel 2015 ha chiesto protezione internazionale. Anche per lei arriva il no e anche lei fa ricorso: “Nel mio caso- ha detto Vivien- ho presentato una certificazione della mia Chiesa come membro attivo a Milano e nonostante io faccia parte del consiglio dell’associazione che si è costituita in Italia, loro non hanno creduto che io sia un membro della Chiesa”.

Essere rimpatriati significa “essere perseguitati. Non solo per la nostra fede, ma per tutte le religioni: buddisti, taoisti, le minoranze islamiche”, spiega Marco. “Sono stati arrestati- aggiunge- ben 3 milioni di appartenenti della Chiesa islamica. Chi ha fatto ritorno è stato incarcerato, è morto o è sparito”, risponde sullo scenario del rimpatrio. “Nuova Zelanda e Canada sono i Paesi che hanno maggiormente a cuore la questione dei diritti e sono molto rispettosi delle nostre problematiche con un 88% di riconoscimenti come rifugiati in Canada e 100% in Nuova Zelanda”.

Sulle persecuzioni della Chiesa di Dio onnipotente in Cina più volte in Italia è intervenuto il Centro Lirec (Centro studi e ricerche sulla libertà di religione, credo e coscienza) diretto da Raffaella di Marzio che, in diversi interventi, di cui uno andato in onda sull’emittente Eastern Light, ha puntualizzato: “Il possesso di un passaporto non significa non essere perseguitati. Possedere un passaporto è una questione amministrativa e vuol dire semplicemente che il singolo non è schedato. E’ la sua Chiesa – come accade con la Chiesa di Dio Onnipotente in Cina – che è considerata ufficialmente una setta criminale dal Partito comunista cinese e quindi per quel cittadino e per la sua libertà di credo tornare in Cina vuol dire correre un grandissimo pericolo. In Europa si sa cosa succede in Cina- ha spiegato in quella e in altre occasioni la direttrice del Lirec- ma i governanti sono cauti e hanno difficoltà a fare dichiarazioni pubbliche contro il Governo cinese e ad accogliere questi richiedenti protezione internazionale,anche per i capitali che la Cina ha riversato in Occidente”.


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