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Processo Matteuzzi, il legale dei familiari: “Per Padovani, Alessandra era una cosa”

La donna venne uccisa nell'estate del 2022. I 4 centri antiviolenza bolognesi costituiti insieme parte civile: "Questo terribile femminicidio ha determinato un arretramento culturale rispetto a quanto fatto dai centri antiviolenza negli ultimi 20 anni"

Pubblicato:22-01-2024 13:30
Ultimo aggiornamento:22-01-2024 13:33
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BOLOGNA – Giovanni Padovani “era un maniaco del controllo”, che prima di assassinare Alessandra Matteuzzi l’aveva sottoposta ad “un controllo costante e asfissiante. Alessandra doveva accettare di essere un burattino, un pupazzetto, una ‘res’, perché Padovani fosse soddisfatto“. Così l’avvocato Antonio Petroncini, che assieme alla collega Chiara Rinaldi assiste i familiari della donna uccisa dall’ex compagno il 23 agosto 2022, descrive ai giudici della Corte D’Assise di Bologna il comportamento tenuto da Padovani, per il quale la Procura ha chiesto la condanna all’ergastolo, nei mesi precedenti l’omicidio.

Soffermandosi sulle aggravanti contestate all’imputato- stalking, premeditazione, legame affettivo con la vittima e motivi abietti- il legale di parte civile ribadisce più volte la propria convinzione che Padovani considerasse la vittima come un oggetto e che volesse avere “un assoluto controllo sulla sua vita”. Non a caso, aggiunge, “quando Alessandra ha cercato di sottrarsi a questo controllo, lui non ha interrotto la relazione per andare verso altri lidi, ma l’ha ammazzata”. Questo “voler ridurre Alessandra ad una cosa, ad una ‘res’- chiosa Petroncini- per me costituisce un motivo abietto”.

Il legale ripercorre poi nei dettagli il momento dell’omicidio, ricordando come Padovani abbia colpito la vittima prima con un martello, poi con una panchina e infine con numerosi calci al volto, e conclude respingendo l’idea che quella tra l’imputato e Matteuzzi fosse una ‘relazione tossica’.


“Queste- afferma- sono sciocchezze, di tossico c’era invece la volontà di controllo da parte di Padovani”. Dopo Petroncini intervengono le altre parti civili, a cominciare dall’Udi (Unione donne italiane) di Bologna, la cui legale Rossella Mariuz sottolinea che “questa è la prima volta che i quattro centri antiviolenza attivi in città- Udi, Casa delle donne, Mondo donna e Sos donna- si sono costituiti insieme come parti civili”, aggiungendo che “un grave reato di questo tipo rende vani tutti i nostri sforzi dell’ultimo ventennio”, mentre Francesca Chiaravalloti, che rappresenta Sos donna, afferma che “questo terribile femminicidio ha determinato un arretramento culturale rispetto a quanto fatto dai centri antiviolenza negli ultimi 20 anni“. Si associa, infine, alle richieste della Procura anche il Comune di Bologna, rappresentato in aula, oltre che dal suo legale, dalla vicesindaca Emily Clancy. L’udienza riprenderà nel pomeriggio con l’arringa del difensore di Padovani, Gabriele Bordoni.

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