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Camorra, amante della moglie di un detenuto condannato a morte: gli avevano già scavato la fossa

Prima che il delitto venisse eseguito però i cinque presunti responsabili del tentato omicidio sono stati fermati

Pubblicato:21-06-2021 12:06
Ultimo aggiornamento:21-06-2021 13:37

carabinieri
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NAPOLI – Era stata una relazione extraconiugale con la moglie di un detenuto a decretare la sua condanna a morte. Ma prima che il delitto venisse eseguito i presunti responsabili del tentato omicidio sono stati fermati e successivamente raggiunti da provvedimenti applicativi di misure cautelari. Sono cinque le persone indagate dalla procura di Napoli per tentato omicidio. Si tratta di Antonio Abbinante, ritenuto il reggente dell’omonimo clan camorristico operante nell’area Nord di Napoli, del figlio Raffaele, di Antonio Esposito, Paolo Cipro e Salvatore Monriale. I primi quattro devono rispondere anche di associazione mafiosa, mentre per Monriale è stata al momento esclusa l’ipotesi di partecipazione alle attività proprie dell’organizzazione camorristica.

I cinque avrebbero organizzato l’omicidio in ogni minimo dettaglio: secondo il piano la vittima andava attratta con l’inganno in una zona situata nelle campagne tra Marano e Arzano, in provincia di Napoli, luogo dove era stata già scavata una fossa nella quale l’uomo, dopo essere stato ucciso, doveva essere seppellito perché nessuno potesse mai più ritrovare il suo corpo. La sua colpa era quella di essersi opposto al codice di comportamento della camorra, che senza dubbio vieta a una persona interna a contesti mafiosi di intrattenere relazioni con mogli di affiliati, detenuti o meno. Una regola disattesa in modo molto grave, una colpa che andava espiata con la morte. Il progetto di uccidere l’uomo sarebbe stato portato a compito se non fosse intervenuto il fermo, eseguito la scorsa settimana dagli uomini della squadra mobile di Napoli. In un video, infatti, si vedono gli esponenti del clan Abbinante usare una pala per scavare la fosse dove seppellire la vittima e ricoprirla in modo da poterla usare subito dopo l’omicidio per occultare il cadavere. L’uomo da uccidere era stato già convocato nelle campagne con una scusa, ma l’appuntamento non è mai avvenuto. Il gip di Napoli, pur non avendo convalidato il fermo, ha ritenuto di accogliere la richiesta di misura cautelare nei confronti dei cinque indagati. 


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