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In Emilia-Romagna a rischio 100.000 posti di lavoro nel biennio del Covid

L'allarme della Cgil regionale: "Senza flussi migratori il sistema non tiene, è l'unica possibilità per mantenere i livelli occupazionali e di welfare"

Pubblicato:21-05-2021 15:23
Ultimo aggiornamento:21-05-2021 15:24

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BOLOGNA – La crisi morde e gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro si vedranno probabilmente solo dopo lo sblocco dei licenziamenti: nel biennio del Covid, in Emilia-Romagna rischiano di andare in fumo 100.000 posti di lavoro. Intanto la popolazione invecchia, il sistema taglia fuori i più deboli, donne e giovani, e cresce il numero dei neet, gli under 30 che non studiano e non lavorano.

“L’Emilia-Romagna si trova di fronte a sfide inedite”, ammonisce il segretario regionale della Cgil, Luigi Giove commentando i dati dell’osservatorio sull’economia e sul lavoro dell’Ires. A preoccupare, in particolare, sono gli andamenti demografici. “La questione della transizione demografica è diventato uno dei punti principali del Patto per il lavoro e per il clima. Senza i flussi migratori, la regione perderebbe 20.000 residenti all’anno, una situazione insostenibile per la tenuta del sistema”, sottolinea Giove.

“Assistiamo al ricambio della popolazione in età attiva: per 100 persone prossime a entrare nel mercato lavoro ce ne sono 144 prossime all’età pensionabile“, sottolinea. “Può anche non piacere a qualcuno, ma questa regione ha bisogno di avere costanti flussi migratori. C’è una sola possibilità per mantenere gli attuali livelli occupazionali e di welfare: avere flussi migratori costanti dal resto del Paese e dal resto del mondo. Può non piacere a qualcuno, ma è indispensabile“, ammonisce il sindacalista. “Contemporaneamente dobbiamo mettere in campo iniziative per invertire trend demografico“, aggiunge.


La pandemia non ha fatto che accentuare alcune tendenze in atto. Il calo delle nascite (-3,4%), un fenomeno ormai consolidato, riduce la popolazione residente. A questo nel 2020 si è aggiunto il Covid che ha fatto aumentare il numero dei decessi del 22% rispetto alla media dei cinque anni precedenti (nel 2021 +10%) e ridotto i flussi migratori (-34,7%).

La popolazione dovrebbe calare di 18.000 unità“, spiega il presidente dell’Ires, Giuliano Guietti. Lo stesso mercato del lavoro è stato stravolto dalla crisi pandemica, producendo però risultati assai diversi tra la prima e la seconda metà del 2020. Il calo degli occupati è stato consistente (-2,1% nella media annua, quasi 43.000 occupati in meno), ma mentre inizialmente è stato accompagnato anche da un calo dei disoccupati (oltre 8.000 in meno nel secondo trimestre rispetto allo stesso trimestre del 2019) e si è tradotto essenzialmente in un aumento dell’inattività (+5,3%), a partire dai mesi estivi ha registrato una contestuale crescita dei disoccupati, in controtendenza rispetto ad altre realtà regionali (le persone cercano un impiego quando ritengono di avere buone speranze di trovarlo, segno di un mercato del lavoro dinamico, chiarisce l’Ires). La riduzione degli occupati, anche per effetto del blocco dei licenziamenti e dall’utilizzo degli ammortizzatori, ha riguardato soprattutto i contratti a tempo determinato, quelli a tempo parziale, e i lavoratori con titoli di studio più bassi. Di particolare rilevanza è stato l’impatto negativo sull’occupazione femminile, alla quale va imputata la parte prevalente (oltre i due terzi) della riduzione degli occupati. Anche la fascia di popolazione più giovane, quella nella quale normalmente avviene l’ingresso nel mercato del lavoro, è stata fortemente penalizzata. Il risultato è l’aumento della percentuale dei cosiddetti neet, già strutturalmente più alta in Italia rispetto alla media europea, un aumento che, seppur su valori più bassi, ha riguardato anche l’Emilia-Romagna. Peraltro, nel corso del 2020, la caduta delle unità di lavoro, rappresentative della quantità di lavoro prestata, è stata ben superiore a quella degli occupati (-10,1%).

Se la dinamica degli occupati non ha seguito lo stesso andamento, è stato grazie agli ammortizzatori sociali, il cui utilizzo ha raggiunto nel 2020 valori del tutto senza precedenti. Sulla base di questi andamenti, l’Ires fa un’ipotesi: se nel 2021 ci si riallineasse al rapporto tra occupati e unità di lavoro del periodo pre-Covid, dovremmo attenderci una ulteriore contrazione degli occupati di 60.000 unità (-3,7% rispetto al 2019), forte contrazione dei movimenti migratori, soprattutto dall’estero (-34,7% rispetto all’anno precedente). “Il 2020 è stato l’anno nel quale si sono amplificate delle dinamiche già presenti nella nostra regione dal punto di vista demografico, economico e sociale. Ora registriamo invece una vera e propria emergenza, per questo è necessario allungare il periodo che riguarda il blocco dei licenziamenti e usare questo tempo per una riforma degli ammortizzatori sociali“, insiste Giove. “Una situazione che può peggiorare qualora venisse approvato il decreto Semplificazioni, che supera l’offerta economicamente più vantaggiosa e apre al massimo ribasso. Di fatto un via libera ai subappalti che produrrà una riduzione ulteriore dei redditi, una precarizzazione dei rapporti lavoro, oltre a una più agevole infiltrazione della criminalità organizzata”, conclude Giove. Infine, segnala Ires, nonostante il lockdown non sono migliorate nel 2020 le condizioni ambientali della regione: nonostante la riduzione degli sforamenti dei gas dannosi, esito dei blocchi della prima metà dell’anno, la qualità dell’aria segna un marcato peggioramento in quanto a polveri sottili: con 39 giornate oltre il limite, il 2020 presenta il dato peggiore dal 2017.

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