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Caso Dal Corso, la sorella: “Stefano non si è suicidato in carcere, voglio la verità”

Conferenza stampa alla Camera sulla morte avvenuta al Casa Massama di Oristano: "Procura disponga autopsia"

Pubblicato:20-10-2023 15:50
Ultimo aggiornamento:20-10-2023 15:55
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ROMA – Stefano Dal Corso è morto nel carcere Casa Massama ad Oristano, esattamente un anno fa. Apparentemente suicidandosi con un lembo di lenzuolo intorno al collo. Versione che non ha mai convinto sua sorella Marisa che da quel momento – era il 12 ottobre – è in cerca della verità. Oggi, la donna, ha portato il suo grido di dolore alla Camera dei deputati accompagnata dal suo legale, Armida Decina, dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti e dalla presidente di Nessuno tocchi Caino, Rita Bernardini.

Marisa trattiene a stento le lacrime, è emozionata. Non le capita spesso di dover parlare in una sede istituzionale davanti alla stampa e alle telecamere. Ma è determinata. “Voglio che venga ridata dignità a mio fratello“. La morte di Stefano è derubricata come ‘semplice’ suicidio, senza tuttavia un’autopsia che lo certificasse, nè immagini a supporto, essendo le telecamere di sorveglianza fuori uso. Eppure le anomalie erano tante. Le elenca la stessa Marisa: “Mio fratello aveva una gran voglia di vivere, non si sarebbe mai ucciso. Lo dimostrano i numerosi attestati che ha conseguito in carcere in questi anni. Ha commesso molti sbagli, legati soprattutto al consumo di droga, ma tutti sulla sua pelle senza mai far del male a nessuno. Con lui non ho perso solo un fratello, ma un figlio. Eravamo 10 fratelli e lui era il più piccolo, la nostra non era una famiglia agiata e io ho dovuto prendermi prendermi cura di lui come una madre”.

Ora la Procura ha riaperto l’indagine e Marisa non ha intenzione di fermarsi. “Andrò a fondo a questa storia. Non credo al suicidio e la Procura non può negarci l’autopsia una seconda volta“. A supporto della sua tesi, anche una testimonianza, agli atti della magistratura, di un detenuto. Quest’ultimo, avrebbe raccontato di un alterco tra Dal Corso e gli agenti della polizia penitenziaria. “Stefano prese le difese di un uomo malato di diabete che da giorni chiedeva l’insulina. All’ennesimo diniego- riposta la donna- scaturì una forte discussione con gli agenti che dopo poco entrarono nella sua cella. Da quel momento in poi si sentirono solo le sue urla”. A questo va ad aggiungersi anche la perizia del medico legale nominato dalla famiglia, secondo la quale “il detenuto sarebbe morto a causa di uno strangolamento e non di una impiccagione”.


“Si tratta di un episodio gravissimo- dicono Giachetti e Bernardini- su cui va fatta chiarezza, presenteremo un’interrogazione al ministro competente, Carlo Nordio e daremo tutto il supporto necessario a Marisa”. Accomunata per dolore e tenacia a un’altra sorella di un altro Stefano. “Come per il caso Cucchi- sottolineano i due ex radicali- faremo di tutto per arrivare alla verità”.

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