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Il figlio di Escobar porta la storia di suo padre a teatro: “Non lo glorifico, ci pensa Netflix”

L’erede del 'Patron' andrà in scena venerdì 21 settembre al Teatro Brancaccio di Roma in anteprima europea

Pubblicato:20-09-2018 17:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:35
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ROMA – Pablo un nome molto comune in America Latina, ma a renderlo unico è un cognome, Escobar: il re del narcotraffico colombiano più conosciuto della storia. Dopo il grande successo mondiale del libro ‘Pablo Escobar. Il padrone del male’ di Juan Pablo Escobar, il primogenito del re del Cartello di Medellin torna sulla bocca di tutti con lo spettacolo ‘Pablo Escobar. Una storia da non ripetere’, presentato oggi nella sede della Stampa estera a Roma. Ora con il nome di Sebastian Marroquin, l’erede del ‘Patron’ andrà in scena – con la prima europea – venerdì 21 settembre al Teatro Brancaccio di Roma.

“Lo spettacolo è un’opportunità per me di condividere la vera storia di mio padre– ha spiegato- Quello che viene raccontato in tv o al cinema e’ diverso dalla realtà. La cosa che non mi piace è che c’è la tendenza ad accompagnare mio padre con un alone di glamour, come se fosse un santo, una celebrità. A causa di questo ci sono delle conseguenze negative, i giovani mi scrivono che vorrebbero essere come mio padre. Con questo spettacolo voglio raccontare la verità e portare sotto la luce dei riflettori le conseguenze negative se si sceglie di intraprendere l’attività criminale e voglio sottolineare le conseguenze che le azioni di mio padre hanno avuto su moltissime persone e sulla Colombia”.

 


 


In ‘Pablo Escobar. Una storia da non ripetere’ il pubblico ritroverà una figura inedita del criminale: un uomo affettuoso nei confronti della famiglia. Sebastian, allora Juan Pablo Escobar, ha scoperto l’attività di suo padre all’età di 7 anni. Per lui è stato difficile comprendere la gravità delle azioni del suo papà.

“E’ difficile pensare male di lui quando hai una persona che ti accudisce con amore e senza minima violenza ed è difficile accusarlo- ha dichiarato- Lui mi ha insegnato i valori importanti ed io ho fatto lo stesso con mio figlio”.

La sua morte, nel 1993, non ha spedito il re del narcotraffico nel dimenticatoio. Ancora oggi Pablo Escobar è il criminale più chiacchierato del mondo. A dimostrarlo, cinema e televisione che lo raccontano. Sulle note di ‘Tuyo’ di Rodrigo Amarantesi svolge la narrazione della serie tv ‘Narcos’, creata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro per Netflix. Tre stagioni da 10 episodi sono bastate per incollare il pubblico sulla sedia con una credibile, accattivante e violenta immagine di Escobar interpretato da Wagner Moura. Sempre su Netlfix è ancora nel catalogo ‘Pablo Escobar – El Patron del Mal’ – una stagione da 74 episodi – creata da Juana Uribe e Camilo Cano. La serie racconta la vita del famigerato Escobar, dagli inizi come ladruncolo di strada al controllo del narcotraffico internazionale.

“Con il mio spettacolo non voglio glorificare mio padre, a questo ci pensa Netflix- ha dichiarato il figlio del noto narcotrafficante- Io voglio condividere la mia storia e offrire uno spunto di riflessione. Pero’ sono grato a questa piattaforma perche’ mi ha fatto vendere tanti libri”. Dal piccolo al grande schermo. La figura del ‘Patron’ è stata portata al cinema da Fernando Leon de Aranoa in ‘Escobar – il fascino del male’. Uscito lo scorso 19 aprile, nel cast c’è Javier Bardem, nei panni del noto narcotrafficante, e Penélope Cruz, nei panni della giornalista nonchè amante di Escobar Virginia Vallejo. Oltre che un criminale e un uomo dedito alla famiglia, Pablo era una persona passionale. Sentimento faceva uscire fuori tra le lenzuola con sua moglie ma anche con altre donne. Un’immagine ‘buona’ di Pablo simile a quella che suo figlio racconta nel libro.

SULLA DROGA DICE: “LIBERALIZZAZIONE NO, REGOLARIZZAZIONE Sì”

Mio padre, racconta ancora Escobar, “mi diede tutti gli strumenti per stare lontano dalla droga nonostante io abbia vissuto nell’epicentro della cocaina- ha dichiarato Marroquin-. Ci troviamo in un momento dove la droga è quasi legale. Ormai le sostanze stupefacenti ti arrivano a domicilio come la pizza. Io non userei il termine liberalizzazione ma regolarizzazione e a questo ci deve pensare lo Stato”.

di Lucrezia Leombruni

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