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Ciambetti (Lega) contro la serie Rai ‘La Sposa’: “Insulta il Veneto”

"Va contro la realtà storica, è cancel culture alla rovescia"

Pubblicato:19-01-2022 17:38
Ultimo aggiornamento:19-01-2022 17:38

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VENEZIA – La miniserie ‘La Sposa’ di Rai Fiction non è piaciuta al presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti. “È un esempio di cancel culture che va contro la realtà storica e insulta in modo inopportuno il Veneto“, afferma. “Se vogliamo parlare di matrimoni per procura e la loro dura e triste realtà credo che basterebbe rivedere ‘Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana’ di Luigi Zampa, con un Alberto Sordi a dir poco strepitoso. Basta quel film per dimostrare la pochezza della serie”, continua Ciambetti secondo cui “pensare a un matrimonio per procura a fine anni ’60 di una giovane calabrese con un ricco ma rozzo discendente di un agricoltore vicentino è, a dir poco, un azzardo se non una provocazione senza senso e lontanissima dalla realtà storica”.

Tra le imprecisioni della serie c’è il fatto che “agricoltori non dico ricchi, né benestanti, ma anche solamente non poveri, non in Veneto ma ovunque in Italia, Calabria compresa, non avevano di certo bisogno di ricorrere ai matrimoni per procura per sposarsi”, esemplifica Ciambetti. “‘La Sposa’ non regge neanche se pensiamo a cosa sul finire degli anni ’60 stava accadendo nel vicentino, quando gli operai di Schio, Arzignano e Valdagno vivevano la stagione delle battaglie operaie e tanti vicentini ancora emigravano verso la Germania, la Svizzera, il Venezuela, il Brasile e l’Australia”, prosegue.

“I dati statistici dell’emigrazione interna con i flussi da Sicilia, Calabria, Puglia e Campania verso il triangolo industriale, Torino-Milano-Genova s’intrecciano con l’emigrazione dalla fascia pedemontana e collinare del Veneto verso Lombardia e Piemonte: certo, c’erano i terroni e noi eravamo i polentoni, ovvero i terroni del Nord”. I


Insomma, “la serie ‘Rai Tv’ è un falso storico che nuoce invece al racconto di una tragedia vissuta da molte italiane: paradossalmente i suoi cliché grotteschi e stereotipati mettono in ridicolo non solo i vicentini o i veneti, ma anche i calabresi e le donne calabresi e chi visse quella stagione. L’ambientazione e le caratterizzazioni scelte sono scorrette e non fanno giustizia della drammatica pagine dell’emigrazione, una pagina scritta anche dai Veneti e non certo con i toni scelti nella fiction televisiva della ‘Rai'”, conclude Ciambetti. “Siamo davanti a una sorta di cancel culture alla rovescia, una provocazione assurda”.

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