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Addio sacchetto, con i robot la vescica si può ricostruire

Lo spiega Giuseppe Simone, urologo dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, nell'ambito del congresso nazionale dell'associazione urologi italiani (Auro)

Pubblicato:18-05-2019 09:35
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:28
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https://www.youtube.com/watch?v=tsFrlr0djI0&feature=youtu.be

BOLOGNA – Per un paziente su due costretto a subire un intervento chirurgico è possibile la ricostruzione interna della vescica, dando così l’addio al ‘sacchetto’ esterno. Grazie alle nuove frontiere della chirurgia robotica. Lo spiega Giuseppe Simone, urologo dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, nell’ambito del congresso nazionale dell’associazione urologi italiani (Auro) in corso in questi giorni a Bologna. “Nella nostra esperienza- spiega Simone- per una grande percentuale di pazienti, circa il 50%, è possibile rimuovere la vescica e ricostruirla in modo da permettere alla persona la minzione attraverso l’uretra, cioè per via naturale“.

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Lo stesso Simone ha ricevuto di recente a Barcellona un premio a livello internazionale legato proprio alla realizzazione di un intervento di chirurgia robotica, complesso ma mini-invasivo, che ha previsto tra l’altro anche “la ricostruzione totalmente intracorporea della vescica, i cui vantaggi oncologici e funzionali a distanza di due anni sono assolutamente promettenti se comparati con la chirurgia a cielo aperto”. L’urologia, sottolinea del resto il medico, “è sempre stata pionieristica nella chirurgia robotica, che oggi è una realtà per quasi tutti gli interventi, soprattutto in ambito uro-oncologico. Abbiamo un’enorme esperienza nel trattamento dei tumori della prostata, del rene, delle vie urinarie e della vescica”.

Oggi, continua Simone, “la maggior parte delle procedure può essere svolta con una metodologia robotica, replicando tutti gli step della chirurgia a cielo aperto, ma con netti vantaggi in alcuni campi in termini di ripresa funzionale del paziente, di meticolosità dell’intervento e di riduzione delle perdite di sangue”. Questo, sottolinea l’urologo, “comporta una ridotta ospedalizzazione e un ritorno più veloce a una vita normale per il paziente”. Per il tumore del rene, ad esempio, che “ha un’estensione anche nella vena cava”, gli interventi sono “complessi” e comportano “molto sanguinamento se eseguiti a cielo aperto”. Problemi che invece “con la robotica vengono minimizzati”. Le nuove tecnologie, dunque, forniscono “ogni giorno nuove procedure di frontiera e vantaggi concreti per i pazienti”, chiosa Simone.

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