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Cathy La Torre: “Le donne sono le più colpite dagli haters, pronte 300 diffide”

L'avvocata assieme alla filosofa Maura Gancitano è promotrice della campagna contro l'hate speech online 'Odiare ti costa', da cui è nata un'associazione. Vicepresidente Michela Murgia

Pubblicato:16-10-2019 10:45
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:50

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ROMA – Che siano volti noti al grande pubblico o semplici utenti dei social, una cosa è certa: il bersaglio preferito dagli haters sul web sono le donne. A confermarlo è Cathy La Torre, avvocata, attivista per i diritti Lgbtq, fondatrice dello studio legale ‘WildSide Human First’, e, assieme alla filosofa Maura Gancitano, promotrice della campagna contro l’hate speech online ‘Odiare ti costa’, che nel giro di due mesi e mezzo conta oltre 100mila persone che seguono la pagina tra Facebook e Instagram, quasi 70mila segnalazioni e l’hashtag virale #odiareticosta, tra i nominati ai Macchianera Internet Awards 2019. Numeri da record che hanno spinto l’avvocata e la filosofa a fondare un’associazione, con la scrittrice Michela Murgia come vicepresidente.

“Ad oggi seguiamo 20 persone di rilievo pubblico- racconta alla Dire Cathy La Torre- solo due sono uomini. Tra le persone non conosciute su 100 bersagli 60 sono donne, 40 sono uomini”. Michela Murgia, Laura Boldrini, Virginia Raggi, Mara Carfagna, Carola Rackete, Luciana Littizzetto “sono tra le principali vittime di un odio inqualificabile, di bullismo e body shaming“, spiega l’avvocata. 

Ma influencer, youtuber, instagrammer non se la cavano meglio, “come giornalisti, free lance e collaboratori, che diventano oggetto di odio pesante per il lavoro che fanno. A volte- continua l’attivista- riceviamo segnalazioni da semplici utenti del web che per un’opinione espressa in un commento vengono linciati“. Sessismo, razzismo, animalizzazione e sessualizzazione, bullismo e diffamazione. La pubblica gogna nell’era del web non cambia “cultura” di riferimento. Anzi. Resta ancorata a modelli comodi e uguali per tutte le stagioni. Ma chi sono gli haters? “Ne abbiamo riconosciuto circa 500 e, incredibilmente, hanno tutti un’età compresa tra i 40 e i 65 anni. Non c’è una prevalenza di uomini o donne”, spiega La Torre, che sul perché gli odiatori siano in media sessantenni che hanno casa e lavoro, un’idea ce l’ha: “Sono persone che non hanno la minima consapevolezza che quello che si dice sul web equivale a ciò che si dice nella realtà, una conseguenza della loro poca digitalizzazione suppongo”.


Guidati dall’idea che “il virtuale sia una zona franca” odiano molto di più della generazione dei nativi digitali “meno incattivita perché ancora ha la speranza di poter cambiare il mondo”. Ed è per questo che su “Facebook, dove ci sono decine di migliaia di profili fake” l’odio è più presente che su “Instagram, dove l’età è più bassa”.

Emblematico il caso Greta Thunberg, la giovanissima ambientalista che ha puntato il dito contro i grandi della Terra accusandoli di non fare abbastanza sui cambiamenti climatici. Su di lei è stato scritto, “anche da giornalisti e direttori di testate nazionali” che “‘andrebbe curata d’urgenza’- denuncia ‘Odiare ti costa’- che è una strega e ‘le streghe si bruciano o si ignorano'”.

“Chi la critica e la insulta ha grande invidia per il fatto che a 16 anni ha dato vita a un movimento globale- è l’opinione dell’avvocata- Di solito sono persone adulte, anche questo è indice di qualcosa“.

Sull’altro fronte, però, è sempre più nutrito l’esercito di chi “è stufo di vivere il web come una fogna”. L’esercito dei 70mila che da fine luglio hanno inviato a odiareticosta@gmail.com i link dei post con i commenti degli haters. “L’80% sono utenti della rete che segnalano odio nei confronti di altre persone. L’altro 20%, invece, ci contatta perché sono persone che hanno subito attacchi a livello personale, dal revenge porn al sexting. L’aspetto interessante è che in Italia già esistevano un sacco di sportelli, ma nessuno ha i nostri numeri. Forse perché si può segnalare proprio attraverso il web o perché lo abbiamo detto in modo diverso”. Nel frattempo, “sono pronte a partire 300 diffide contro le centinaia di haters di cui abbiamo individuato nomi, cognomi, indirizzo e occupazione– racconta La Torre- Il principio è quello del Codice della strada: se commetti un’infrazione paghi la sanzione, che diventa un deterrente. ‘Odiare ti costa’ funziona allo stesso modo: prima del penale, agiamo sul civile. Inviando una lettera in cui chiediamo il risarcimento, per poi passare alla mediazione stragiudiziale. E, se non funziona, andiamo avanti con la causa”.

Ma non è l’unico canale pensato da avvocata e filosofa per combattere gli haters. “Se gli utenti ci segnalano un contenuto d’odio noi siamo l’unica realtà in Italia ad avere un canale diretto con Facebook, Instagram e YouTube per la rimozione di questo contenuto. Ad esempio, in questo periodo ci stiamo occupando di far chiudere ‘La posta di Carola’, una pagina che bullizza le ragazze di Caltanissetta anche pubblicando delle foto e che conta oltre 30mila persone”. “È censura”, l’accusa che tirano in ballo i detrattori della campagna. “Noi non limitiamo nulla, non decidiamo le policy di Facebook, né abbiamo il potere di dire che qualcosa è un reato- commenta La Torre- Possiamo solo farci promotori dell’applicazione delle leggi esistenti. L’odio non non è punito in sé, ma nelle sue manifestazioni se diventano illecite. La libertà di espressione per la legge è chiara: la critica può essere anche aspra, ma non deve essere offensiva della reputazione e della dignità di nessuno”.

Per questo, fondamentale è “che il tema entri nell’agenda politica e che nei prossimi mesi si possa arrivare alla discussione di una legge sul contrasto dell’odio in rete”. Come pure “l’alleanza dei media, in particolare sul linguaggio che usano”. E sulla candidatura ai Macchianera Internet Awards 2019 – il concorso che premia i migliori siti, blog e personaggi del web italiano – La Torre commenta: “Siamo felici perchè l’hashtag #odiareticosta viene scritto da un sacco di persone sotto i commenti d’odio, come fosse un monito. Quindi, ha assunto anche una funzione sociale”.

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