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Chiudere i manicomi, trasformare la società: chi era Franca Ongaro Basaglia

SPECIALE DONNE DA RICORDARE | Intervista alla storica Vinzia Fiorino

Pubblicato:16-03-2021 13:45
Ultimo aggiornamento:16-03-2021 13:45

manicomio
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ROMA – C’è una donna, tra le altre, che in Italia si è battuta strenuamente per la decostruzione della teoria di una presunta inferiorità biologica femminile, concetto chiave su cui nei secoli si era fondata l’esclusione delle donne dalla scena pubblica. Risponde al nome di Franca Ongaro, coniugata Basaglia, anima teorica e comunicativa della coppia che liberò i malati di mente dall’infamia sociale e medica dei manicomi, dando il via a una rivoluzione copernicana nel trattamento dei disturbi psichiatrici in Italia a partire dalla legge 180 del 1978, conosciuta come ‘legge Basaglia’. Ma anche scrittrice, due volte senatrice (dal ’83 al ’92), e femminista ante litteram, critica di alcuni pilastri del patriarcato che sarebbero poi stati centrali negli Anni 70 per la riflessione del movimento delle donne, di cui colse tra le prime alcuni concetti-chiave.

L’ATTIVITÀ DI SCRITTRICE E L’INCONTRO CON FRANCO BASAGLIA

franca ongaro basaglia

“Nata a Venezia nel 1928 da una famiglia borghese, perde il padre quando è alla fine del liceo classico e questo non le consentirà di iscriversi all’università, come avrebbe voluto”, spiega all’agenzia di stampa Dire Vinzia Fiorino, professoressa di Storia contemporanea all’università di Pisa nel secondo appuntamento dello speciale DireDonne-Società Italiana delle Storiche (Sis) ‘Donne da ricordare’. “All’indomani della seconda guerra mondiale, nel ’45, conosce Franco Basaglia, studente di Medicina a Padova con cui si sposerà e avrà due figli”. La carriera di Franco Basaglia “non decolla e nel ’61 il medico filosofo” viene inviato a dirigere l’ospedale psichiatrico di Gorizia. “Lei segue il marito con i bambini e si occupa di letteratura- continua Fiorino- Scrive racconti per bambini, per il ‘Corriere dei Piccoli’ e riduzioni per grandi classici come ‘Piccole donne’ e comincia a studiare sociologia”.

NELLA RIVOLUZIONE BASAGLIA RAPPRESENTA IL LEGAME CON IL FUORI

Definita “segretaria del marito” dallo psichiatra Giovanni Jervis o sua “collaboratrice” dal presidente della provincia di Trieste (1970-77), Michele Zanetti, in realtà Franca Ongaro “è pienamente autonoma nel pensiero e nella capacità di scrivere testi importanti”, chiarisce Fiorino, che legge cosa diceva lei stessa di questo rapporto di vita e di lavoro con Basaglia: “‘So che ogni parola scritta era una discussione senza fine con lui per farmi capire meglio'”. E “capovolge uno stereotipo: descrive lui come estroverso, irrazionale, passionale, imprevedibile”, osserva la storica, mentre “ritaglia per sé uno spazio ad hoc, tutto incentrato sulla parte logica e razionale”. Una cifra che la vedrà “attivissima nelle relazioni con le istituzioni, in primo luogo la provincia” e curiosa osservatrice del modello scozzese di Maxwell Jones “il primo ad aver teorizzato la comunità terapeutica”, dove Ongaro realizza “una grande esperienza di pratica”. Ma è a partire dall’esperienza di Gorizia che il suo lavoro di “pubblicista e teorica” prende corpo, diffondendo “il senso della rivoluzione dei Basaglia. Per lei- precisa la studiosa- la fine delle istituzioni manicomiali avrebbe avuto un senso solo se legata alla trasformazione sociale, quindi alla fine di una precisa percezione che aveva eretto barriere contro la diversità, come la voglia di difendere la società dal malato o la paura generalizzata verso qualsiasi forma di diversità. Rappresenta, quindi, il legame con il fuori, ma lavora moltissimo anche dentro”.


L’IMPEGNO COME COMUNICATRICE E SENATRICE

È proprio “il sociale”, insieme a “comunicazione”, la parola chiave attorno alla quale ruota il contributo di Ongaro come scrittrice, nell’intreccio con l’attività del marito. “Il sociale a ribadire questo nesso tra dentro-fuori, cruciale in tutta la vicenda della dismissione del manicomio- osserva Fiorino- e la comunicazione, perché ha saputo indubbiamente comunicare all’esterno tutta la portata della loro critica”. È lei ad adoperarsi per la realizzazione di ‘Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin’, il libro-denuncia sui manicomi italiani “che ha sensibilizzato l’opinione pubblica su quella realtà orrenda e violenta verso le condizioni in cui vivevano i malati reclusi”. E a tentare di “spiegarla ai ragazzi” con ‘Manicomio perché?’, in cui “cerca di dimostrare la continua mortificazione dei malati, dimostrando una grande abilità nel decodificare i rapporti di potere”. Il suo impegno continua anche da senatrice, che la vedrà occupata in “Commissione Sanità su temi diversi, dai trapianti alle disposizioni sul fine vita, alle tossicodipendenze”, e, soprattutto, nella difesa “dell’applicazione della riforma psichiatrica. Ci sono negli Anni 80 alcuni disegni di legge che tendono a scardinare i principi della riforma e lei si oppone con successo- ricorda la storica- Non era felice dell’applicazione della legge Basaglia e della riforma più in generale, perché la loro grande intuizione era che il malato di mente non ha bisogno di un letto di ospedale, ma di altri servizi, su cui chiedeva un maggiore investimento”. Per questo è molto attiva “nella rete associativa delle famiglie, che legittimamente in una prima fase, dopo la legge del ’78, non avendo ricevuto le risposte che meritavano, si erano mobilitate e avevano manifestato una certa ostilità rispetto alla legge. Poi con un’opera di mediazione, attivando servizi, formando diversamente gli operatori, si è ricomposta quella frattura”.

NEL ’68 PARLA DI ‘POLITICITA’ DEL QUOTIDIANO’, ANTICIPANDO IL PENSIERO FEMMINISTA

Non da meno il contributo di Franca Ongaro alle battaglie delle donne. “Nel ’68 parla di ‘politicità del quotidiano’ e scrive: ‘Io mi rifiuto di essere relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari’- ricorda Fiorino- Sua la prefazione di un testo cult del femminismo italiano, ‘Processo per stupro’, lavoro collettaneo dal documentario di Loredana Rotondo trasmesso nel ’79”. E ancora, “introduce ‘Le donne e la pazzia’, testo del ’77, una delle prime riflessioni sulla specificità della violenza che la cultura patriarcale ha operato sulle donne, e promuove il libro di Giuliana Morandini ‘E allora mi hanno rinchiusa’, aprendo il tema della specificità della violenza manicomiale e delle ricadute della cultura misogina in questo ambito”. Altro scritto cruciale, “l’introduzione a ‘L’inferiorità mentale della donna’ del neurologo tedesco Moebius, che per Franca Ongaro sarà l’occasione per ribadire alcuni concetti chiave che la storiografia femminista avrebbe sviluppato, cioè la costruzione di un’inferiorità biologica delle donne”. Radicalità, nel senso di “andare alla radice dei problemi”, autocritica da parte della categoria dei medici, e rapporto tra salute e malattia, contro la separazione che tiene il malato “fuori da ciò che la scienza costruisce sul suo corpo”, sono, secondo Fiorino, i tre aspetti più preziosi dell’eredità con cui Franca Ongaro, scomparsa nel 2005, dialoga col nostro presente. “È una donna da ricordare perché essendo protagonista di una grande battaglia che fa onore al nostro Paese, l’aver chiuso quei luoghi orrendi che sono stati i manicomi, ha guardato a ciò che c’era attorno, al contesto di riferimento, invitandoci a rifuggire da quegli atteggiamenti di esclusione e non accettazione della diversità che hanno costruito le discriminazioni”.

PER APPROFONDIRE

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‘Salute/malattia. Le parole della medicina’, di Franca Ongaro Basaglia

‘Una voce. Riflessioni sulla donna’ di Franca Ongaro Basaglia

‘L’utopia della realtà’ di Franco e Franca Basaglia, a cura di Maria Grazia Giannichedda

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