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Maria Eletta Martini, la politica cattolica vicina ai giovani anti-G8

SPECIALE ‘DONNE DA RICORDARE’ | Intervista alla storica Tiziana Noce

Pubblicato:31-03-2021 10:09
Ultimo aggiornamento:31-03-2021 10:11

Maria Eletta Martini
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ROMA – Una donna cattolica, arruolata staffetta tra le file della Resistenza vissuta come possibilità di “agire per il cambiamento”, spirito che portò nella sua più grande battaglia politica da dirigente democristiana: quella per il nuovo diritto di famiglia, “passaggio imprescindibile per la parità giuridica delle donne”. Ma anche voce fuori dal coro, molto attenta al rapporto fra le generazioni e alla trasmissione dei valori contenuti nella Costituzione, che non ebbe remore a dichiararsi vicina ai giovani del G8 di Genova, per cui chiedeva verità sulle violenze e dialogo.

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Le caratteristiche di Maria Eletta Martini, personalità non certo minore del panorama politico della prima Repubblica, poco nota al di fuori degli ambienti cattolici, sono difficili da tratteggiare in poche righe che rendano giustizia della sua complessità. A proporre la figura di questa politica italiana nel terzo approfondimento dello speciale DireDonne-Società Italiana delle Storiche (Sis) è Tiziana Noce, docente di Storia contemporanea all’Università della Calabria che ha condotto una serie di ricerche proprio sul Movimento femminile della Democrazia cristiana per il periodo 1958-1977.

Professoressa Noce, chi è Maria Eletta Martini? Può tracciare sinteticamente un profilo biografico?


“Maria Eletta Martini nasce a Lucca il 24 luglio del 1922 da una famiglia cattolica e antifascista. Suo padre era membro del Partito popolare e fu suo padre a darle il primo incarico politico durante l’occupazione tedesca, Maria Eletta, prima di sei figli, ebbe il compito di staffetta, di tenere i contatti fra i membri del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln). Si laurea in Lettere e Filosofia e insegna nelle scuole medie, per poi diventare giornalista pubblicista. Da giovanissima entra nella Gioventù femminile di Azione cattolica, nel 1946 si iscrive alla Democrazia cristiana. Inizia così una lunga carriera politica nel partito e nelle istituzioni. Nel 1954 è membro del Comitato centrale del Movimento femminile della Democrazia Cristiana (Dc), nel 1958 è eletta vice delegata nazionale del movimento insieme a Franca Falcucci. Entra anche nel Consiglio nazionale del partito e dal 1951 al 1963 è consigliera comunale a Lucca. Dal 1963 al 1992 è stata parlamentare, prima deputata, poi senatrice e dal ‘78 all’‘83 diventa vicepresidente della Camera, sotto le presidenze Ingrao e Iotti. Nel corso delle varie legislature è stata membro di diverse commissioni parlamentari e da presidente della Commissione Igiene e Sanità ha portato a termine la legge che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, mentre era ministra Tina Anselmi. È stata promotrice e relatrice unica del nuovo Diritto di Famiglia del 1975 e relatrice di minoranza per le leggi sul divorzio e sull’aborto. Nel 1992 decide di interrompere l’attività parlamentare rinunciando alla candidatura. Ma non interrompe la sua attività politica e in un’intervista dichiara: ‘La politica è un po’ come un virus no, poi uno se lo porta dentro’. Partecipa alla fondazione di Carta ’93, associazione dei cattolici democratici, nel 1994 è tra i fondatori del Partito Popolare Italiano (Ppi). Promuove la nascita dell’Ulivo e nel 2001 partecipa alla fondazione del partito Democrazia è Libertà-La Margherita. Contestualmente si dedica all’Associazione nazionale per il volontariato da lei fondata nel 1984. Muore il 29 dicembre 2011”.

Maria Eletta Martini partecipò alla Resistenza come staffetta. Quanto conta questa esperienza nella sua formazione?

“La Resistenza ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione politica di Maria Eletta Martini. La famiglia aveva sperimentato la pressione del regime a causa dell’antifascismo del padre. Con la Resistenza c’è un salto di qualità, come sottolineava lei stessa: l’assunzione in prima persona della responsabilità di agire per il cambiamento, per l’affermazione di un diverso sistema di valori. Altro insegnamento che aveva tratto dall’esperienza resistenziale era il ‘Sapere stare con tutti’, la capacità di dialogo, perché il Cln era un luogo composito, espressione di forze politiche diverse, che però si rispettavano. Nella Resistenza aveva imparato che il reciproco riconoscimento è importante nel confronto politico e che il pluralismo è una ricchezza per la politica e per la società.

L’incipit della biografia di Maria Eletta Martini sull’Enciclopedia delle donne la descrive come uno spirito libero? Condivide questa definizione? Se sì, perché?

“Maria Eletta Martini è stata una donna libera che ha fatto le sue scelte, da donna credente, fedele alla Chiesa, ha scelto di aderire a un partito e servire le istituzioni repubblicane. A partire da quelle scelte ha agito con sguardo critico e in autonomia. Il mondo cattolico era ed è un mondo articolato al suo interno e il movimento femminile della Dc, la Democrazia cristiana stessa erano divisi in correnti, con posizioni politiche molto diverse, e la gerarchia ecclesiastica aveva un grande peso. Maria Eletta Martini si è mossa dentro a queste differenze con molta intelligenza politica, senza allontanarsi dai principi cristiani in cui credeva e agendo per consolidare la Repubblica democratica nata nel 1946, anche nei momenti più critici. Quando, ad esempio, nel 1970 fu approvata la legge sul divorzio e importanti esponenti dell’associazionismo cattolico rimproverarono i deputati democristiani per il comportamento tenuto nel corso delle discussioni parlamentari, Maria Eletta Martini non ebbe remore a rintuzzare queste accuse, facendo notare che c’erano state due consultazioni elettorali che avevano eletto una maggioranza favorevole al divorzio, che non si poteva porre la questione in Parlamento in termini confessionali per non rompere la normalità democratica. Oppure diversi anni dopo, nel 1991, fu una delle poche voci che si alzarono contro la partecipazione dell’Italia alla Guerra del Golfo, voluta dalla maggioranza”.

Fu appunto presente in temi come il divorzio e l’aborto. Come si rapportò eticamente con queste questioni molto delicate per il mondo cattolico e quale fu il suo contributo? Che rapporto ebbe con il femminismo?

“Per Maria Eletta Martini divorzio, nuovo diritto di famiglia e aborto erano temi strettamente collegati. Aveva ben presente il problema della laicità dello Stato e, dopo il Concilio Vaticano II, si sentì più libera di sottolineare l’autonomia dei laici cattolici che agivano in politica. D’altro canto il divorzio, ma soprattutto, l’aborto costituivano e costituiscono tuttora, per cattolici e cattoliche, importanti questioni di fede. Nel contesto di quegli anni l’unità del partito e i rapporti con le gerarchie vaticane erano vincolanti per i democristiani. Maria Eletta Martini anche in questo caso seguì un percorso particolare, attento al dialogo con il mondo contemporaneo e teso a sostenere l’idea secondo cui i valori hanno più possibilità di diventare valori condivisi quando sono incarnati e vissuti dalle persone, anziché attraverso l’imposizione di norme coercitive. Scrisse, infatti, ai cattolici nel 1981 dopo il referendum sull’aborto: ‘Oggi si è più liberi nel presentare il nostro messaggio a tutti: i fatti di questi giorni dovrebbero aver convinto tanti cattolici che, per il pluralismo culturale e politico esistente nel Paese, sempre minori sono le possibilità di affidare alle istituzioni e alle leggi la incarnazione dei valori che ci sono propri, della nostra visione dell’uomo e del mondo. Più liberi dicevo perché questi valori rimangono affidati alle nostre persone, alle nostre comunità, alla nostra testimonianza e proclamazione’. Nel dopoguerra e fino al papato di Giovanni XXIII la contrapposizione della Guerra Fredda, comunismo/anticomunismo, condiziona moltissimo il dibattito pubblico e le relazioni fra i partiti e fra le donne dei partiti e dei movimenti femminili ad essi collegati. Nonostante ciò, Maria Eletta Martini, già dalla fine degli anni Cinquanta, riteneva auspicabile un confronto con le donne dello schieramento socialcomunista per pensare a un’azione comune su singole questioni riguardanti la condizione femminile, e negli anni Settanta la troviamo in una tavola rotonda su ‘Rinascita’, il settimanale del Partito Comunista Italiano (Pci), a discutere di condizione femminile e di femminismo”.

Il suo nome è legato al nuovo diritto di famiglia varato nel 1975, in un lavoro che la vide al fianco di Nilde Jotti una riforma che segna un primo e un dopo per la condizione delle donne in famiglia. Cosa cambia e quale fu il ruolo di Maria Eletta Martini in questo processo storico?

“La battaglia politica più importante di Maria Eletta Martini è stata quella per il nuovo diritto di famiglia. Un passaggio imprescindibile per la parità giuridica delle donne nonché una legge che attaccava il predominio maschile nella sfera privata. È cominciata alla fine degli anni Cinquanta, quando l’allora ministro di Grazia e Giustizia, il democristiano Gonella, le disse che il diritto di famiglia non si poteva toccare. Martini lavorò a lungo sia alla stesura del testo, sia per far confluire i diversi progetti parlamentari in un unico progetto e per accelerarne l’approvazione, con una costante pressione sui deputati democristiani e stringendo un’alleanza con Nilde Iotti, così la legge fu approvata alla Camera nel 1971. Purtroppo la fine anticipata della legislatura procrastinò l’approvazione definitiva fino al 1975, quando si ebbe finalmente la parità fra i coniugi, la patria potestà della moglie, la possibilità per la moglie di amministrare i beni acquistati dalla coppia dopo il matrimonio. Dal punto di vista valoriale si passava da una famiglia patriarcale a una famiglia considerata una comunità di affetti e fondata sul principio di responsabilità, con una maggiore responsabilizzazione delle scelte che sono alla base della nascita e della vita della famiglia”.

Perché è una donna da ricordare e in che modo parla al nostro presente?

“È una donna da ricordare perché fu una delle intelligenze più lucide della Repubblica dei partiti, per usare una nota formula storiografica, perché la sua azione rappresenta uno degli elementi vitali della democrazia: la coesistenza pacifica e fattiva di pensieri differenti. Rappresenta una politica fondata sul rispetto e sul riconoscimento dell’altro da sé, la politica del dialogo, del rispetto delle istituzioni, nella consapevolezza che esse non sono neutre e che sta alla comunità politica dare loro un carattere democratico. Non era una femminista, ma ha lavorato in favore delle donne in un ambiente molto ostile ai cambiamenti. Non solo con le leggi; con le altre democristiane ha sempre agito affinché nelle liste elettorali e nelle elezioni le donne potessero essere presenti e ed essere elette. È una donna attuale perché fino all’ultimo ha sempre osservato i cambiamenti in atto, capace di cambiare idea quando riteneva che i cambiamenti andassero assecondati, ma anche molto critica verso alcune tendenze della contemporaneità. Nel 2000 a proposito delle condizioni dell’Africa scriveva che l’Africa ‘rappresenta la fotografia del fallimento del nostro modello di sviluppo; si presenta al mondo come la denuncia scavata nella sofferenza di un modello di mondo che si basa sulla diseguaglianza e l’esclusione’. Era contraria alla criminalizzazione dell’immigrazione, ebbe giudizi molto duri sulla violenza di Stato a Genova nel 2001 e auspicava un’indagine ‘sulle responsabilità di uno scenario nel quale la violenza ha umiliato una città, un Paese, la bontà di un’idea: parlare dei problemi dei più poveri del mondo, esprimere per essi la propria solidarietà’. E in particolare sulle violenze subite dai giovani si chiedeva: ‘Quelli [i giovani] che a Genova non c’erano, e quelli che hanno ascoltato di ritorno gli amici, hanno letto i giornali, e visto la televisione quale idea di «Stato e Istituzioni» si sono fatti? Cosa vuol dire dialogare per la società civile e politica?’. Maria Eletta Martini è attuale perché era convinta, una convinzione che vale anche oggi, della necessità della partecipazione dei cittadini alla garanzia dei diritti, era promotrice della cittadinanza attiva e concludo con una frase che amava ripetere: ‘La Costituzione dice: ‘La Repubblica garantisce’, non dice lo Stato garantisce’, la Repubblica siamo noi’”.

PER APPROFONDIRE

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‘Con ispirazione cristiana nella realtà sociale. Articoli pubblicati sulla rivista «Regnum Christi» dal 1946 al 2006’, Maria Eletta Martini, a cura di Lorenzo Maffei

‘Anche in politica cristiani esigenti’, Maria Eletta Martini

‘Donne di fede. Le democristiane nella secolarizzazione italiana’, Tiziana Noce

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‘Donne da ricordare’ per conoscere la storia

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