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Afghanistan, Ginecologa di Emergency: “Ad Anabah donne più libere”

Baiocchi: "Nell'ospedale 7.500 parti in un anno, e solo 6 decessi"

Pubblicato:15-10-2019 15:11
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:49

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ROMA – Ad Anabah, localita’ afghana a un centinaio di chilometri a nord di Kabul, l’ospedale che Emergency ha allestito nel 2003 non solo ha migliorato la salute delle mamme e dei neonati, ma sta anche accelerando il processo di emancipazione delle donne. Lo riferisce alla ‘Dire’ la ginecologa Raffaella Baiocchi, che dal 2007 lavora nel reparto di ostetricia, ginecologia e neonatologia dell’ospedale, l’unico a offrire gratis questo tipo di servizi nell’area del Panshir.

“In questi 12 anni molte cose sono cambiate positivamente” sottolinea Baiocchi. “Ad esempio, oggi le donne si lasciano seguire regolarmente, soprattutto quando hanno un problema. Si fidano di noi e sono piu’ consapevoli. Se prima sparivano, adesso si presentano persino in anticipo alle visite: sanno che controlli regolari sono importanti per la loro salute e per quella del bambino”.

L’Afghanistan e’ un Paese vasto, dove la condizione della donna varia a seconda della zona. “Nelle citta’ il tasso di scolarizzazione e’ piu’ alto e quindi le donne hanno maggiori opportunita’ di emanciparsi rispetto a quelle che vivono nelle regioni rurali” spiega la ginecologa. Che sottolinea anche il peso di tradizioni culturali radicate, e spesso vincolanti: “Nel Panshir le violenze e l’ideologia degli estremisti talebani non sono arrivate. Ma anche qui la donna – nubile o sposata – e’ responsabile della reputazione della famiglia, quindi non sempre viene lasciata libera nelle sue scelte”.
Questo riguarda anche la sfera riproduttiva. “Come accade in tante aree del mondo, la gravidanza e il parto sono faccende quasi quotidiane, da svolgere nel privato delle mura domestiche, che non presuppongono l’assistenza medica” dice Baiocchi. “I primi anni abbiamo quindi faticato per creare la cultura della necessita’ dell’assistenza sanitaria”.


Portare avanti una gravidanza che poi termina in casa comporta pero’ dei rischi. Dal rapporto di Emergency ‘Una rivoluzione silenziosa’, diffuso oggi, emerge che il tasso di mortalita’ femminile in Afghanistan e’ il doppio rispetto a quello maschile.
Una donna su 14 muore durante la gravidanza o il parto. Anche la mortalita’ infantile e’ alta: un bambino su 18 muore prima di compiere cinque anni e di questi l’80 per cento muore entro il primo anno di vita.

L’ospedale non e’ un’opzione sempre contemplata perche’ per le donne, sottolinea Baiocchi, “implica il fatto di trascorrere la notte fuori casa, da sole, in un luogo frequentato da stranieri.

Le resistenze, soprattutto da parte dei famigliari, erano forti. Adesso queste barriere stanno via via cadendo”. Grazie all’azione dell’organizzazione umanitaria, riferisce la ginecologa, “nel 2018 nel nostro ospedale abbiamo realizzato 7.500 parti e ricoverato piu’ di 10mila donne. Di queste, solo sei non ce l’hanno fatta”.

Numeri che alimentano anche il prestigio della struttura nell’area: “Nell’ospedale di Anabah riceviamo non solo donne dal Panshir, ma soprattutto dalle regioni vicine, e piu’ di recente anche da Kabul”. Questo perche’ “offriamo cure gratuite e di alta qualita’. Altrove, non solo i servizi sono piu’ scadenti, ma sono anche a pagamento. Quindi, ora la sfida per noi e’ mantenere standard alti e fronte di numeri sempre piu’ grandi”.

Il Centro di maternita’ di Anabah e’ riconosciuto dal ministero della Salute e dell’Istruzione per fornire formazione specialistica post-universitaria. E’ anche grazie a questo che il 75 per cento del personale – tra infermiere, ostetriche e staff ausiliario – e’ composto da donne. Questo ha permesso a tante giovani di costruirsi un’indipendenza che solo fino a qualche anno fa era impensabile. “Le ragazze che lavorano con noi sono sempre piu’ sveglie e consapevoli, piu’ formate e piu’ sicure delle loro scelte” dice la ginecologa. In passato, ricorda ancora Baiocchi, “era complicato organizzare i turni di notte perche’ le famiglie non permettevano alle figlie di restare fuori casa.

Quando si sposavano, spesso interrompevano il contratto di lavoro, perche’ i parenti del marito non approvavano. Adesso non e’ cosi: tutto rientra nella normalita’”.

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