NEWS:

La rivoluzionaria afgana alla Dire: “Con i talebani al potere il nostro Paese alla mercè del Pakistan”

Aqela Balagh, fondatrice e presidente dell'associazione Education for Women (Efw), vive in esilio in Turchia

Pubblicato:31-01-2023 19:27
Ultimo aggiornamento:31-01-2023 21:57
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

 L’Afghanistan dove le donne non contano nulla che i talebani stanno creando è destinato a essere “senza sviluppo, isolato, dipendente dalla comunità internazionale dal punto di vista tecnico e scientifico e alla mercè del vicino Pakistan, impegnato da oltre mezzo secolo a sabotare la prosperità del Paese per poter continuare a perseguire i suoi obiettivi strategici nella regione e in modo particolare contro l’India”. A temere questo futuro per il suo Paese è l’insegnante e attivista Aqela Balagh, fondatrice e presidente dell’associazione Education for Women (Efw), che da alcuni mesi vive in esilio in Turchia. La sua fuga dall’Afghanistan, ricorda lei stessa in un’intervista con l’agenzia Dire, “precede di alcuni mesi la presa del potere da parte dei talebani”, suggellata dall’ingresso dei miliziani a Kabul nell’agosto 2021. Da quanto riferisce Balagh, infatti, l’Afghanistan per cui si impegnavano lei e la sua organizzazione non era compatibile con quello desiderato da chi oggi guida il Paese, promotore di una serie di leggi che limitano la libertà delle donne. A dicembre il governo di Kabul ha vietato alle donne del Paese di frequentare l’università e poi di lavorare per le agenzie umanitarie e le ong, dopo aver già limitato loro l’accesso a palestre e parchi pubblici. “Ancor prima di iniziare a guidare il Paese i talebani mi hanno accusato di diffondere i valori occidentali fra le donne afghane e hanno reso impossibile la mia vita e quella della mia famiglia”, denuncia Balagh, originaria della provincia nord-orientale di Parwan. “Sono stata una delle prime donne dell’Afghanistan a recarmi nei villaggi più remoti per alfabetizzare le donne e per fare formazione sui diritti umani, a partire dalla Dichiarazione universale e dalla legge afghana per l’eliminazioene della violenza sulle donne del 2009″, ricorda l’attivista. Un lavoro, quello realizzato da Efw, “che ha raggiunto 1.500 donne in tre province del nord, Parwan, Kapisa e Panjshir”, afferma Balagh, che aggiunge: “Quello della mia associazione è stato un percorso rivoluzionario per l’Afghanistan e portarlo avanti è stato molto pericoloso, visto che nelle aree dove operavamo dominava una visione della società patriarcale, tribale e conservatrice, per la quale l’educazione femminile altro non era che un atto di disobbedienza verso l’uomo”.

“LA REGRESSIONE DELL’AFGHANISTAN PORTERA’ BENEFICI AL PAKISTAN”

Una visione, questa, che in Afghanistan si sta imponendo, come dimostrerebbero le ultime misure introdotte da Kabul. “Questi provvedimenti diminuiranno l’aspettativa di vita delle donne, le priveranno dell’accesso alla conoscenza, all’autonomia e alla consapevolezza, rendendole di fatto un fardello per la società”, commenta la fondatrice di Efw in riferimento alle leggi volute dal governo talebano. “Inoltre”, continua, “aumenterà la povertà, la fame e il desiderio di migrare, oltre che l’incidenza dei disturbi mentali fra la metà femminile della popolazione”. Se le conseguenze sulle donne potrebbero essere pesanti, non minore sarà la sofferenza di tutto il Paese, nella visione di Balagh. “La spinta a lasciare l’Afghanistan crescerà a tutti i livelli, ovviamente, mentre Kabul dovrà abbandonare qualsiasi possibilità di svilupparsi, diventando sempre più dipendente dal supporto degli altri Paesi”. La teoria dell’attivista è che questa regressione porterà benefici soprattutto a uno dei vicini di Kabul, il Pakistan da anni accusato di aver favorito l’ascesa dei talebani, fin dai tempi della guerra civile combattuta sul finire degli anni ’90 che li portò per la prima volta al potere. “Islamabad ha fatto da incubatrice al movimento talebano, anche nell’ambito dell’atteggiamento ostile che il Paese ha nei confronti dell’Afghanistan fin dalla sua indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1947. Diversi dossier centrali per il Pakistan inoltre, come quelli su alcune dispute territoriali e su risorse idriche condivise, ci vedono come un Paese rivale”. Un’Afghanistan debole, inoltre, ragiona la dirigente di Efw, “potrebbe diventare per il Pakistan terreno fertile per politiche ostili contro il suo rivale storico, l’India”. Secondo l’insegnante, l’interpretazione dell’Islam maggioritaria in Pakistan sarebbe comune a quella dei talebani, che l’attivista definisce “falsa, estrema, primitiva e ignorante”.

“EGUAGLIANZA UOMO-DONNA COMPATIBILE CON L’ISLAM”

Balagh rifiuta completamente l’idea per cui l’eguaglianza fra uomo e donna sarebbe non compatibile con l’islam, come sostengono di fatto i miliziani alla guida dell’Afghanistan. “La visione dei fenomeni, nell’Islam, non parte dall’idea del genere”, premette l’attivista. “Nel Corano, il testo sacro della nostra religione, l’importanza dell’istruzione è sottolineata tantissime volte” spiega l’insegnante. “Ci sono poi diverse sure che evidenziano la necessità che non ci sia discriminazione fra uomo e donna rispetto a questo. Nel Libro sacro le donne chiedono al profeta Maometto che vengano predisposti dei giorni per la loro formazione, e questo acconsente”. La storia islamica poi, prosegue l’attivista, “è ricca di figure femminili di grande importanza nei campi della poesia, della medicina e della ricerca, come Zaynab bint al-Kamal, insegnante dello storico siriano Ibn Kathir”, mentre nel mondo d’oggi, “molte leader e grandi studiose sono musulmane, dalla vice-segretario generale delle Nazioni Unite Amina Jain Mohammad alla docente di matematica iraniana Maryam Mirzakhani”. La presidente di Efw amplia poi lo sguardo al mondo, riflettendo su quello che la comunità internazionale può fare per fermare i talebani. Balagh premette: “I Paesi donatori inviano con cadenza fissa 40 milioni di dollari all’Afghanistan con il pretesto degli aiuti umanitari. Prima li spedivano alla Banca centrale, mentre ora vengono indirizzati a banche commerciali sottoposte a continue pressioni da parte del governo”. L’attivista continua, citando dati del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp): “Nonostante tutto questo, circa il 97 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. E’ ovvio che questi soldi vengono usati solo per armare i gruppi terroristici che agiscono con il sostegno talebano, mentre alle persone in difficoltà non arriva nulla, come confermato da tante donne afghane con cui sono in contatto”.


“SOSPENDERE GLI AIUTI ALL’AFGHANISTAN IN MODO COORDINATO”

La strategia, quindi, secondo la dirigente, dovrebbe essere quella di “sospendere gli aiuti all’Afghanistan in modo coordinato”. Un contributo poi dovrebbe venire anche dalla diaspora afghana nel mondo, che nella visione dell’attivista “non sta facendo quello che dovrebbe, vittima di una cronica mancanza di idee di programmi e danneggiata dalla concezione del mondo che hanno molte donne, pure convinte che gli uomini siano loro superiori”. Balagh lancia dunque un appello: “La comunità afghana all’estero può fare molto di più di realizzato finora. Il primo passo deve essere quello di dar vita a una sola voce e una sola narrazione su alcuni valori chiave, come i diritti delle donne. Da qui poi creare una forma strutturata in grado di veicolare il messaggio e, da ultimo, negoziare sul futuro dell’Afghanistan con il resto del mondo a partire da una posizione solida e consolidata”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it