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Appello del Summit delle Diaspore: “Più mondo nei tg”

I giornalisti all'incontro di Roma: "Stanchi dei muri informativi"

Pubblicato:14-12-2019 17:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:45

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ROMA – “Si chiede da decenni di cambiare il linguaggio sugli immigrati, ma non succede. È cambiata nel tempo la natura del razzismo, ma gli insulti restano. D’altronde se parliamo di integrazione, manca anche all’interno della stessa Italia, da regione a regione”. Lo scrittore algerino Tahar Lamri ha introdotto così il tema delle sfide per il giornalismo in un Paese che sta cambiando. Il tema è stato al centro di uno dei dibattiti a Roma, nel corso della terza edizione del Summit nazionale delle diaspore. A partecipare al confronto anche Anna Meli, dell’associazione Carta di Roma, che ha sottolineato i limiti del giornalismo rispetto all’attualità internazionale: “L’Italia è affetta da un certo provincialismo: dagli studi condotti sui media mainstream emerge che il numero di notizie sui Paesi stranieri è molto basso rispetto a quelle trasmesse dai Tg degli altri Stati europei”. Una risposta al problema l’ha suggerita Vincenzo Giardina, giornalista dell’agenzia di stampa Dire, media partner del Summit. Partendo dal presupposto che “fare autocritica aiuta”, per Giardina “è necessario capire e ascoltare le storie altre, offrendo un contenuto più ricco”.

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Ancora il cronista: “Alla Dire abbracciamo l’idea proposta dal Summit di un mondo senza divisioni. Non vogliamo un ‘dentro’ e un ‘fuori’; bisogna che in Italia i colleghi con origini straniere, con il loro talento e la loro professionalità, divengano sempre più autori e protagonisti dei resoconti giornalistici”. Miruna Cajvaneanu, cronista di origine romene, si è fatta portavoce del disagio vissuto da chi è oggetto di narrazioni distorte: “Lavoro come giornalista in Italia da 12 anni e sono stanca della narrativa negativa sugli stranieri“. Cajvaneanu ha detto che grazie al Summit, che ha promosso quest’anno con la Dire incontri con cronisti con origini straniere, ha “trovato un luogo in cui esprimere dubbi e critiche” e si è accorta “di non essere sola a soffrire i pregiudizi”. A colpire Cajvaneanu, le “tante lacune nei media mainstream sull’attualità dei Paesi di origine delle principali comunità straniere in Italia, tra cui la Romania, da cui provengono così tante persone”.


Dal padre, un giornalista dei difficili anni della dittatura romena, la reporter racconta di aver imparato a lavorare “con correttezza” e che “l’importante è dire la verità”. In difficoltà anche il giornalista pachistano Ejaz Ahmad, che una volta giunto in Italia, oltre 20 anni fa, oltre alle barriere burocratiche ha dovuto fare i conti con idee distorte sullo straniero. Nel suo intervento anche un aneddoto: “Una volta una mia vicina, saputo che venivo dal Pakistan, mi disse: ‘Bene, anche la mia filippina viene dalla Somalia’“.

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