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Consultorio in via Silveri, le utenti: “Abbiamo perso una casa”

Oggi doppio presidio per chiedere a Regione Lazio riapertura servizio

Pubblicato:14-11-2019 18:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:36

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ROMA – “Con la chiusura del consultorio di via Silveri abbiamo perso una casa, una famiglia, la possibilità di poterci curare da tutti i punti di vista. Siamo rimaste senza un punto di riferimento”. A parlare all’agenzia Dire è Vanessa, 43 anni, da 20 utente del consultorio di via Silveri 8 in zona San Pietro a Roma, accorpato dalla Asl Roma 1 alla sede di via Cosimo Tornabuoni 50 dai primi di settembre. Una decisione che ha incontrato la forte opposizione del Coordinamento delle assemblee delle donne dei consultori di Roma, ma anche di Non Una Di Meno Roma e del Laboratorio di quartiere San Pietro Cavalleggeri, oggi protagonisti di una giornata di mobilitazione per chiedere la riapertura del consultorio negli spazi della Casa della madre e del bambino ‘G. Elia’. Con un doppio presidio: stamattina, davanti alla sede della Asl Roma 1, e oggi pomeriggio, a piazza di Santa Maria alle Fornaci e davanti ai locali di via Silveri.

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“Ho iniziato a venire in questo consultorio perché ho subito episodi di violenza dal mio ex compagno- racconta alla Dire Chiara, 35 anni, da circa 3 in cura a via Silveri- Senza l’aiuto che ho ricevuto qui da una psicologa fantastica non so dove sarei finita”. Piange, Chiara, ma continua a raccontare: “Hanno parlato di un quartiere ricco, di persone che si possono permettere altri tipi di servizi. Ma per me è impossibile perdere cinque ore della mia giornata per raggiungere un consultorio lontanissimo. Ho una vita frenetica e averlo vicino mi permetteva di ritagliare un’ora per me stessa”.

“Avevo appuntamento il 12 settembre, me lo hanno spostato in via Tornabuoni, ma io non sono andata- aggiunge Patrizia, 47 anni, separata con una figlia a carico- Abito con mia madre e sono venuta per la prima volta qui a via Silveri a vent’anni, per la pillola, poi ho continuato a venire anche dopo la nascita di mia figlia, perché non mi potevo permettere di pagare le visite ginecologiche”.

Anche per Sabrina, mamma di tre figli, torinese a Roma da vent’anni, il consultorio di via Silveri “è famiglia, una casa. Per 17 anni sono stata assistita per tutte e tre le mie gravidanze, lì mi sono rivolta per il supporto psicologico quando in seguito alla perdita del mio lavoro ho passato un periodo molto difficile della mia vita. Tutte le persone che conosco si sono rivolte in questi anni a questo consultorio, negli stessi locali c’è un asilo nido meraviglioso e, di fronte, ci sono una scuola elementare e una materna. Ci troviamo quindi in un isolato che serve tutte le famiglie del quartiere e quasi 200mila persone”. La chiusura è per Sabrina “molto grave”, perché via Silveri “era un punto di raccolta per le persone che avevano bisogno di avere informazioni su varie realtà, come gli adolescenti”, che ora non possono più fruire di un servizio “che è un diritto”.

Così pure Maria Pia, 43enne madre di tre bambini: “Era un’eccellenza, un modello- afferma- Qui sono stata accolta da un’ostetrica molto sensibile e preparata, che mi ha accompagnata per l’allattamento quando è nato il mio secondo figlio, qui ho partecipato anche allo screening gratuito per il papilloma virus”.
Modello di eccellenza in tema di prevenzione e accompagnamento alla nascita, via Silveri 8 era anche per i dipendenti un luogo ‘speciale’: “La chiusura è stata molto dolorosa per me, perché è il luogo dove ho lavorato tanti anni- confessa alla Dire Daniela Santini, pensionata, per 37 anni ginecologa del consultorio di zona San Pietro- Soprattutto c’era un rapporto molto bello con i colleghi, perché abbiamo sempre lavorato in equipe, con un intento comune. È stato smantellato come tanti altri consultori. Il disegno che c’è dietro tutto questo è difficile da capire- osserva la ginecologa- se sia qualcosa contro i diritti delle donne o un più generale disegno di consegnare la sanità nelle mani dei privati. Come i consultori privati cattolici che fanno tante belle cose ma non ne fanno altre previste dalla legge, come la contraccezione o l’ivg”.

Tirano in ballo la Regione Lazio, poi, le donne delle assemblee dei consultori, dallo scorso anno protagoniste di un tavolo dedicato al tema a cui partecipano con consigliere e funzionari regionali: “Avevamo portato un programma su come dovevano funzionare i consultori- spiega Graziella, attivista del Coordinamento- Gli avevamo detto quali erano i questionari da fare per poter garantire la formazione del personale, qual è il ruolo delle assemblee rispetto a funzioni di controllo e verifica, come i consultori dovrebbero essere moltiplicati su tutto il territorio romano e laziale. Tutti d’accordo, ma poi dobbiamo subire queste situazioni massacranti e la Regione ne diventa automaticamente responsabile”. “Stiamo ragionando se partecipare o meno al prossimo tavolo fissato per il 3 dicembre- aggiunge Gabriella- Abbiamo un dialogo molto positivo, ma viene fatto esattamente il contrario di ciò che viene deciso. Questo significa che la Regione non ha il controllo politico delle Asl, che sono autonome ma non indipendenti”.

“Mi dispiace che il governatore Zingaretti non intervenga seriamente sulla questione, anzi sembra quasi andare in un’altra direzione- rincara Susanna, 58 anni, di ‘Aurelio in Comune – Roma è una città molto grande e composta da donne che vengono da tante parti del mondo. Siamo molto arrabbiate perché i consultori sono di vitale importanza in quanto offrono tantissimi servizi gratuiti”.

A mobilitarsi anche il Laboratorio di quartiere San Pietro-Cavalleggeri, che scrisse la prima lettera “due anni fa, quando fu introdotta la chiusura pomeridiana- spiega il coordinatore, Giorgio De Santis- Abbiamo sollecitato la discussione della questione in Comune in Commissione Trasparenza, perché non c’è stato nessun atto formale sulla chiusura”. Il consultorio, infatti, si trovava nei locali donati da un privato al Comune con il vincolo dell’uso al solo scopo di aiutare mamme e figli. Nello stabile qualche anno fa c’era una ludoteca pubblica, chiusa anche quella tra le proteste delle madri, ma resiste l’asilo nido. “Siamo riusciti ad andare in Commissione lo scorso 8 novembre- aggiunge De Santis- Il presidente Palumbo ha deciso di scrivere all’assessore regionale D’Amato per dirgli di trovare una soluzione condivisa con noi. Aspettiamo risposte”.

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