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Smaltimento illecito di rifiuti a Messina, 25 indagati

In spregio all'ambiente

Pubblicato:14-10-2022 11:25
Ultimo aggiornamento:14-10-2022 11:25
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inchiesta smaltimento rifiuti a Messina
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PALERMO – In provincia di Messina esisteva una “organizzazione criminale strutturata” dedita al traffico illecito dei rifiuti attraverso l’utilizzo di discariche abusive in totale spregio dell’ambiente e in collegamento con la mafia. Ne sono convinti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia messinese, che indagano su 25 persone: dieci di questi sono finiti agli arresti domiciliari, mentre per 15 è scattata la sospensione dall’attività imprenditoriale.

MAXI SEQUESTRO DI BENI

L’indagine, eseguita dalla guardia di finanza provinciale, ha fatto emergere un traffico e una gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti speciali. L’organizzazione si occupava di tutte le fasi: dalla raccolta al trasporto, fino allo sversamento e smaltimento illecito dei rifiuti. Il gip ha disposto inoltre il sequestro preventivo di mezzi e complessi aziendali per oltre due milioni di euro.

L’ORIGINE DELL’INCHIESTA

L’inchiesta è partita dalla scoperta da parte delle fiamme gialle di una discarica abusiva nella zona di Gravitelli, a Messina. Le indagini successive hanno portato alla luce il fatto che i titolari delle società coinvolte nello sversamento illecito fossero già noti alle cronache giudiziarie in quanto “contigui” a clan mafiosi attivi nella zona sud di Messina. All’indagine hanno contribuito anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia milazzese Biagio Grasso, arrestato nel 2018, che ha indicato il presunto capo dell’organizzazione sgominata oggi: quest’ultimo sarebbe stato il punto di riferimento del clan Romeo-Santapaola per l’esecuzione di lavori di movimento terra in provincia di Messina.


CAMBIATA ANCHE LA MORFOLOGIA DEL TERRITORIO

Documentata una lunga serie di gravissimi reati di inquinamento ambientale che ha compromesso l’habitat naturale di una vasta area di terreno in contrada San Corrado, a Gravitelli: una zona, tra l’altro, sottoposta ai vincoli previsti per i siti di interesse comunitario e le zone di protezione speciale. Le intercettazioni hanno svelato come gli indagati agissero indisturbati utilizzando l’area come discarica abusiva. Un comportamento che ha addirittura modificato la morfologia del territorio, come scoperto dalla guardia di finanza che ha messo a confronto le immagini satellitari del 2011 con quelle del 2019. I rifiuti erano arrivati a occupare un’area di oltre 38mila metri quadrati. Nell’area finiva di tutto: dagli scarti delle ristrutturazioni edili alle plastiche, ai tubi e alle ruote di auto.

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