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Un decalogo per definirsi trans, senza certificato medico

Il Movimento identità trans (Mit) di Bologna lancia l'idea di una piattaforma per riformare la normativa italiana attualmente vigente, che risale al 1982, in materia di identità di genere

Pubblicato:13-02-2020 17:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:59
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BOLOGNA – Dieci proposte per fare in modo che ogni persona possa ‘autodefinire’ la propria identità di genere, senza l’obbligo di mostrare un certificato medico o un’attestazione legale. Sono quelle pensate dal Movimento identità trans (Mit) di Bologna, che lancia una piattaforma per l’autodeterminazione delle persone trans nell’affermazione di genere, così da riformare la normativa italiana attualmente vigente, che risale al 1982. Oggi “occorre lasciare decisamente alle spalle l’impianto paternalistico” della norma 164, ormai datata, anche se al tempo fu una “grande vittoria” per il Mit, che brillò per attivismo e proteste per ottenere il riconoscimento dei diritti delle persone transgender.

Per questo, l’associazione ha individuato 10 punti per cambiare “radicalmente il modello legislativo attuale”, proponendo una riforma. Prima di tutto, va riconosciuto il diritto all’identità e alla libera espressione di genere, vietando le discriminazioni per queste scelte. Secondo: i soggetti devono essere lasciati liberi “nella scelta delle modalità di attuazione del percorso di affermazione di genere, con eliminazione dell’autorizzazione giudiziaria all’intervento chirurgico”.

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Ancora, è importante garantire la “gratuità delle terapie ormonali sostitutive” e che il mantenimento medico-chirurgico sia a carico del Servizio sanitario nazionale, “al fine di garantire il pieno benessere psicofisico della persona e la sua salute sessuale”: è il terzo punto. Il movimento, che ha iniziato la sua attività a Bologna nel 1979, chiede poi che possa essere comunicato all’anagrafe il cambio del sesso, basandosi soltanto sull’attestazione del soggetto interessato e che lo stesso sia garantito anche per lo stato civile e, quindi, per il cambio dei documenti (patente, codice fiscale, titoli di studio e professionali, eccetera).

Tra i punti più ‘delicati’ proposti dal Mit per cambiare la legge 164 che attualmente regola l’attestazione dell’identità di genere in Italia, c’è anche quello di imporre il divieto di intervento medico sui neonati e minori intersessuali, introducendo la possibilità di posticipare l’annotazione del genere in un momento successivo alla nascita, oppure di poter indicare il genere ‘neutro’, lasciando libertà di scelta al soggetto in futuro.

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Sul tema, il Mit vuole anche che sia imposto il divieto di eventuali ‘terapie riparative’ dell’orientamento sessuale. Infine, negli ultimi due punti, il Movimento identità trans chiede che vengano inserite (e aggiornate) delle linee guida a livello ministeriale per favorire una maggiore inclusione e riconoscimento nei contesti sociali delle persone trans (scuola, sport, carcere, accesso alla sanità, seggi elettorali, eccetera).

Per ora, quella del Mit rimane solo una proposta, un punto di partenza, che anzi, apre alla partecipazione di tutti. L’idea è quella di dar vita ad una sorta di “laboratorio” per fare in modo che l’Italia possa adeguarsi a quanto richiesto dal Consiglio d’europa che, recentemente, ha raccomandato agli Stati membri di “snellire e velocizzare le procedure per la rettificazione anagrafica, garantire l’accesso al supporto medico sulla base del consenso informato e rispettare il diritto alla vita privata e alla parità di trattamento delle persone trans”, spiega Porpora Marcasciano, la presidente del Mit. Dal 2012, Belgio, Danimarca, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Norvegia e Portogallo hanno aggiornato le loro legislazioni. Il Movimento identità trans di Bologna invita associazioni, istituzioni e società civile a partecipare al dibattito per cercare di realizzare (e perfezionare) una serie di proposte per cambiare del tutto l’ormai ‘antiquata’ norma 164 sull’identità di genere. Per ora, hanno aderito il consultorio bolognese Transgenere, le associazioni transessuali di Napoli e Sunderam di Torino, Gender X di Roma, Azione trans e Mixed Lgbti.

“Non sono 10 punti definitivi bensì un punto di partenza per accendere i riflettori sul riconoscimento delle persone trans (che in Italia sono oltre 400.000, ndr), considerata la totale assenza di dibattito politico sul tema in Italia”, precisa Valentina Coletta, portavoce politica del Mit.

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