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La storia di Cristiana: “Ho difeso da sola mia figlia, no alla casa famiglia”

Cristiana Rossi racconta all'agenzia Dire i nove lunghi anni di battaglia in tribunale dopo la separazione per maltrattamenti dal compagno

Pubblicato:12-06-2019 16:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:24
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ROMA – La storia è iniziata quando sua figlia aveva 2 anni e mezzo e si è conclusa quando ne aveva poco piu’ di 11. Nove lunghi anni di battaglia in tribunale che Cristiana Rossi, amministratore giudiziario e perito della Procura, ha raccontato all’agenzia Dire, ripercorrendo le tappe di una separazione da un compagno maltrattante, di una sentenza che disponeva l’affidamento condiviso e di una successiva in appello che stabiliva di affidare la bambina ai servizi sociali.

Cristiana “si è difesa da sola”, ha scritto la sua memoria difensiva “per sottrarre la figlia a soggetti che avevano interessi economici a inserirla in una casa famiglia e probabilmente a dichiararne l’adottabilità” e ha vinto. La storia è iniziata dalla separazione, come tante altre, ed è diventata altro. Cristiana ha parlato alla Dire di “bambini collocati ingiustamente in case famiglia per ritorni economici. Perchè altrimenti- ha detto- non si spiega perchè voler togliere a tutti i costi una figlia ad una madre accudente. Ho chiesto l’affidamento esclusivo di mia figlia, a seguito della separazione dal suo papà per maltrattamento e stalking, violenza che si scatenava verso di me e verso la minore. Sono stati disposti gli incontri protetti, affidati al servizio sociale e ad una cooperativa”.


E’ l’inizio di un lungo percorso “tra giudizi penali e civili” che Cristiana con estrema cura ha custodito in un grande armadio dove ha conservato ogni atto, ogni memoria, ogni passaggio insieme alla “paura” che ha accompagnato lei e la piccola per tutto il tempo, fino alla fine della storia: “La paura di andare a prenderla a scuola e non trovarla più”. 

Cristiana ha seguito tutti i procedimenti giudiziari, sia “nel penale per difendere la bambina dal padre che usava violenza, sia nel civile. Il Tribunale dei minori, all’esito del primo grado e senza un’approfondita istruttoria, ha disposto l’affido condiviso”. A questo Cristiana si è opposta, considerandola una misura inadeguata a tutelare la minore, visto anche il procedimento penale pendente. Ma non basta: “Non sono mai state accolte le richieste di tutela alle frontiere visto che il papà della minore non è di nazionalità italiana“.

“Il procedimento penale si è protratto dal 2009 fino al 2016, quando è stata emessa la sentenza di primo grado ed è ancora pendente l’appello, ma l’aspetto più impegnativo di vera e propria lotta quotidiana è stato nel civile per l’affidamento. Dopo l’appello alla disposizione di affido condiviso, la Corte d’Appello della sezione famiglia ha addirittura ritenuto opportuno- ha raccontato Cristiana- togliermela legalmente e affidarla al servizio sociale, fino al punto di segnalarmi alla Procura dei minori”. Sentenze che, secondo questa mamma coraggio, dicono di fatto “che la violenza contro donne e minori non è considerata e il mondo degli assistenti sociali mi ha colpevolizzata, non mi ha dato credibilità”. 

Così una bambina è diventata grande con la continua paura di essere “allontanata dalla madre” ed è stato solo grazie alle sue competenze che Cristiana, una sera, ha deciso di scrivere da sola la sua memoria difensiva. “Nell’ultimo giudizio mi sono difesa, ho illustrato ai giudici le condizioni di vita di mia figlia e un amico avvocato si è prestato a rappresentarla in udienza”. Oggi sua figlia ha 13 anni, è affidata esclusivamente a lei, “è solare e tranquilla” e “il padre è sparito”.

SOGERMA, LA RETE PER AIUTARE ALTRE MADRI

“La mia esperienza mi ha portato a riflettere sull’approccio che gli operatori di questi settori hanno verso la donna maltrattata e verso i bambini. Se le mie capacità e conoscenze sono state utili per combattere nove anni e mezzo, voglio metterle a disposizione di altre madri”. Non si può descrivere “la paura di accompagnare una figlia a scuola e non vederla mai più, o che diventi un oggetto nelle mani dello Stato”.

Per questa ragione Cristiana Rossi ha dato vita all’associazione Sogerma: “per mettere in rete professionisti che lavorano in ambito giuridico ed economico”. Importante “è denunciare sempre e comunque, parlarne, non perdere mai di vista il rapporto con il proprio figlio e tenere duro, perchè nessuno deve mettere le mani sui nostri figli, nè guadagnarci”. Questa è una storia a lieto fine e per il futuro di sua figlia questa mamma coraggio chiede solo “serenità e amore”.

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