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VIDEO | Filippine, l’ong Karapatan: “Duterte chiude tv per coprire gli omicidi”

La segretaria Palabay alla Dire sullo stop all'emittente Abs-Cbn

Pubblicato:11-05-2020 13:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:17
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ROMA – “L’emittente Abs-Cbn era una delle principali fonti di informazione per il popolo filippino; era costituita da professionisti che portavano avanti un’informazione obiettiva e questo significava anche raccontare i lati oscuri della ‘guerra alla droga’ o l’uccisione degli attivisti. Adesso con il nostro governo non si puo’ fare e averla chiusa e’ parte di un progetto piu’ ampio di distruzione degli spazi di liberta’ d’espressione”. A parlare e’ Cristina Palabay, 39 anni, segretaria generale di Karapatan, una ong con sede a Quezon City, nella regione della capitale Manila, che dal 1995 riunisce 44 associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani. L’agenzia Dire l’ha intervistata al tempo della pandemia di Covid-19, con un blocco generalizzato delle attivita’ che va avanti ormai da circa due mesi, ma anche a una settimana di distanza dalla decisione del governo del presidente Rodrigo Duterte di non rinnovare la licenza alla Abs-Cbn, emittente televisiva tra le piu’ importanti delle Filippine.

Secondo Palabay, la decisione e’ “politica piu’ che legale” perche’ “l’emittente ha seguito le procedure corrette appellandosi al Congresso per il rinnovo come previsto dalla nostra Costituzione e come gia’ fatto da altri canali o aziende”. Per Karapatan, l’iniziativa del governo e’ ancora piu’ grave adesso, nel mezzo di una pandemia, quando diffondere informazioni corrette e’ di “cruciale importanza”. Palabay e’ critica rispetto alla gestione della crisi da parte del governo ma premette che “gia’ da prima dell’arrivo del Covid-19 ci trovavamo nella piu’ grave crisi dei diritti umani nella storia del nostro Paese dai tempi della legge marziale imposta da Marcos”, il dittatore che governo’ le Filippine dal 1965 al 1986.


L’EMERGENZA COVID-19 NELLE FILIPPINE

La diffusione del virus ha solo reso la situazione ancora piu’ complessa, secondo Palabay: “Duterte si e’ garantito poteri eccezionali approvando il 23 marzo la legge denominata Bayanihan to Heal as One Act“, traducibile come ‘Sforzo comune per guarire insieme‘. L’attivista parla di restrizioni rigide, fatte rispettare con il pugno di ferro: “Puo’ uscire di casa solo un componente della famiglia, titolare di una tessera”. Palabay denuncia un aumento di arresti indiscriminati per effetto di queste misure e di una serie di provvedimenti “paradossali” applicati contro la popolazione.

“Si puo’ finire in prigione per non aver indossato la mascherina in strada – sottolinea l’attivista – anche se le mascherine non sono piu’ disponibili da nessuna parte”. Molte persone sarebbero poi costrette a violare la quarantena perche’ non hanno da mangiare. “Il governo aveva previsto aiuti – spiega la segretaria generale di Karapatan – ma in quasi due mesi oltre un terzo degli aventi diritto non li ha ricevuti: parliamo di 18 milioni di persone”. Chi invece li ha avuti, d’altra parte, potrebbe contare su “somme cosi’ modeste da avere ancora grossi problemi a sfamare la propria famiglia”.

Le restrizioni e gli arresti, secondo Palabay, finiscono per gravare su un altro settore fortemente in crisi nelle Filippine: quello delle carceri. In quattro anni la guerra al traffico e al consumo di droga voluta da Duterte ha portato a circa 200.000 arresti. Il risultato, calcola Palabay, e’ che “le carceri Filippine sono tra le piu’ sovrappopolate dell’Asia: parliamo di una percentuale stimata tra il 600 e il 1000 per cento”. Karapatan ha chiesto al governo di decongestionare le strutture al collasso in questo momento di crisi, partendo dai tanti detenuti politici. “L’8 aprile – racconta Palabay – abbiamo presentato insieme a un gruppo di familiari dei prigionieri una mozione per il loro rilascio alla Corte suprema: stiamo ancora aspettando una risposta”. 

di Brando Ricci

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