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Il cooperante in Ecuador: “L’emergenza è politica, ed è cominciata anni fa”

La testimonianza di Andrea Cianferoni, dell'ong bolognese Cefa: "Dai governi di destra solo politiche sbagliate"

Pubblicato:11-01-2024 18:10
Ultimo aggiornamento:11-01-2024 18:10

ECUADOR_blitz tv
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ROMA – “Pesano politiche sbagliate, che hanno tolto lavoro e moltiplicato estorsioni, sulla costa e non solo: nella città di Quevedo a causa del racket hanno dovuto chiudere sette negozi su dieci”. A parlare con l’agenzia Dire è Andrea Cianferoni, cooperante fiorentino di 48 anni, in Ecuador dal 2005. Questa settimana hanno fatto il giro del mondo le immagini dell’irruzione di un commando di uomini mascherati in uno studio televisivo, nella città di Guayaquil: fucili puntati sul presentatore in diretta e dipendenti a terra sotto la minaccia delle armi. Il capo dello Stato, Daniel Noboa, un imprenditore di 36 anni, di orientamento liberale, in carica dal novembre scorso, ha detto che in Ecuador è in corso “un conflitto armato interno”. L’esercito, ha aggiunto, è stato incaricato di “operazioni militari per neutralizzare” quello che ha definito “crimine organizzato transnazionale, organizzazioni terroristiche e attori belligeranti non statali”.

LA LOTTA TRA I CARTELLI DEL NARCOTRAFFICO

Secondo alcuni esperti, l’aumento delle violenze in Ecuador è legato a una lotta tra cartelli di narcotrafficanti, sia locali che stranieri, per il controllo delle rotte della cocaina diretta negli Stati Uniti e in Europa. Una lettura condivisibile, questa, secondo Cianferoni. Convinto che le vicende degli ultimi giorni, con l’entrata in vigore di uno stato di emergenza che durerà almeno 60 giorni, siano in realtà parte di una crisi cominciata già anni fa. “Governi di destra con politiche sbagliate hanno ridotto tutte le attività a livello sociale, colpendo il diritto alla salute e all’istruzione dei giovani, ora vittime di abbandono e disoccupazione” denuncia Cianferoni. “Ci sono zone da dove lo Stato si è ritirato del tutto, come la città di Esmeraldas, sulla costa: lì l’unico modello sono le bande criminali”.

DOPO LA PRESIDENZA CORREA

Sul piano politico una cesura è stata la fine della presidenza di Rafael Correa e del suo governo di stampo socialista, in carica dal 2007 al 2017, capace con i proventi dell’export di petrolio di finanziare programmi di lotta alla povertà. Dal punto di vista geografico, la crisi si estende invece a più aree, da Guayaquil, a sud di Esmeraldas, dove si è verificato il blitz negli studi tv, fino a Quevedo, all’interno. C’è poi Quito, la capitale andina dove vive il cooperante fiorentino, al lavoro per l’ong bolognese Cefa su progetti di sviluppo agricolo legati alla produzione del cacao e del caffè. “Leggendo i giornali stranieri si immagina una situazione di guerra ma la città da almeno due giorni è tranquilla” riferisce Cianferoni. “Oggi uscirò di casa anche se alcune zone critiche restano militarizzate e ancora ieri i comandi dell’esercito riferivano di centinaia di arresti, di almeno cinque persone uccise e di sequestri di armi e droga”.


C’è chi ha parlato di un tentativo di “golpe” o addirittura di “narco-golpe”, a indicare un progetto politico coltivato da gang di trafficanti. “Al di là dell’aspetto spettacolare dell’irruzione nello studio tv, quello che è successo è ciò che accade tutti i giorni” sottolinea Cianferoni. “Esplosioni, omicidi e saccheggi si susseguono di continuo in Ecuador: nel 2023 gli assassinii sono stati circa 8mila, cioè una ventina al giorno“.

“COSTRETTI A SCEGLIERE TRA LE GANG E L’EMIGRAZIONE”

Secondo stime del governo, circa il 27 per cento degli ecuadoriani vive in povertà, mentre quasi l’11 per cento in “povertà estrema”. La situazione sarebbe ancora più grave nelle campagne, dove i dati sono rispettivamente del 46 e del 22 per cento. Secondo Olivier De Schutter, relatore speciale dell’Onu sulla povertà estrema e i diritti umani, “la miseria colpisce in particolare i giovani e molti infatti scelgono o di unirsi alle gang o di emigrare”.

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