NEWS:

Palestina, il premier dell’Anp: “Netanyahu distrugge la soluzione dei due Stati, rischio apartheid stile Sudafrica”

L'intervista al primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mohammed Shtayyeh, a pochi giorni da una visita del ministro Antonio Tajani in Israele e in Cisgiordania

Pubblicato:09-03-2023 10:00
Ultimo aggiornamento:09-03-2023 19:40

Shtayyeh-Netanyahu
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

RAMALLAH (CISGIORDANIA) –  Israele sta “distruggendo” la soluzione dei due Stati. Ma se non l’accetterà oggi non potrà più farlo domani, quando la “realtà” sarà per forza di cose quella dello Stato unico: in stile apartheid sudafricano, dove comanda una minoranza che opprime la maggioranza. Mohammed Shtayyeh, primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), analizza in questi termini le politiche del governo di Benjamin Netanyahu e l’intensificarsi delle violenze delle ultime settimane. Nel suo ufficio a Ramallah, oltre le porte a vetri con l’aquila e la bandiera nazionale bianco-rosso-nero-verde, Shtayyeh incontra alcuni giornalisti europei.

CHI È MOHAMMED SHTAYYEH

Sessantacinque anni, esponente del partito Fatah, ha una formazione in economia dello sviluppo. È stato negoziatore palestinese già nel 1991 a Madrid, prima degli Accordi di Oslo e della nascita dell’Anp. “Ringrazio l’Ue”, premette oggi, “che nel 2022 ci ha sostenuto con donazioni per 300 milioni di euro”.

I nodi sono però soprattutto politici. Riguardano sia i raid “anti-terrorismo” compiuti dall’esercito israeliano in Cisgiordania, occupata in violazione del diritto internazionale dal 1967, sia la costruzione di nuove colonie nella stessa regione, che secondo gli Accordi di Oslo dovrebbe costituire parte di una futura Palestina libera e indipendente. “Israele sta distruggendo la soluzione due Stati” denuncia Shtayyeh. “Isola la Striscia di Gaza e frammenta le terre dei palestinesi, impedendo a molti di loro perfino di entrare a Gerusalemme”. Il riferimento è sia ai raid dell’esercito, che hanno causato anche vittime civili da ultimo a Jenin e a Nablus, sia al via libera agli insediamenti israeliani, ben 13 autorizzati dal governo di Netanyahu il mese scorso: “I coloni”, stima Shtayyeh, “sono ormai il 25 per cento popolazione della Cisgiordania”.


Secondo il primo ministro, sia Fatah che Hamas e altre forze politiche dei Territori sono d’accordo nel negoziare la soluzione dei due Stati. “Perfino il presidente americano Joe Biden si è espresso in favore di questa opzione sulla base dei confini del 1967” evidenzia il primo ministro. “Politicamente tutti ci credono ma poi sul terreno le cose vanno diversamente: si alza un muro che divide comunità palestinesi, si moltiplicano i check-point, sono confiscate le terre e avanzano le colonie”. Ci sono poi tendenze di lungo periodo. “Per la prima volta dal 1948”, sottolinea Shtayyeh, “nella Palestina storica il numero di palestinesi ha superato quello degli israeliani con un rapporto che è adesso di circa sette milioni e 300mila a sette milioni”. Quali conseguenze? “Se Israele non accetta oggi i due Stati, vivremo domani nella realtà di uno Stato unico dove decidono solo gli israeliani” avverte il primo ministro. “Non sarebbe un Paese né ebraico né democratico; ci sarebbe una ‘sudafricanizzazione’ della questione palestinese, con un nuovo regime di apartheid, già denunciato anche da ong israeliane come B’Tselem”.

IL PREMIER ANP: CON ITALIA PRONTI A TRATTARE PRESTITO DA 100 MLN

“Con l’Italia siamo pronti a negoziare un prestito da cento milioni di euro che potrebbe finanziare grandi progetti infrastrutturali, come parchi industriali e dighe”, spiega all’agenzia Dire il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), a pochi giorni da una visita del ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani in Israele e in Cisgiordania.

“Gli diamo il benvenuto” dice Shtayyeh dell’arrivo del titolare della Farnesina, in Medio Oriente all’inizio della prossima settimana. Sull’ipotesi di un prestito da negoziare, in linea di principio, il primo ministro si dice “grato”. Più in generale, Shtayyeh evidenzia l’importanza dei contributi finanziari garantiti all’Anp dai Paesi dell’Unione Europea. “Mi sono sempre occupato di sviluppo economico e so che non si può governare un Paese senza controllarne le risorse” la premessa. “Secondo un rapporto presentato in occasione di una conferenza delle Nazioni Unite nell’agosto scorso, i Territori palestinesi occupati contribuiscono ogni anno per 50 miliardi di dollari al Prodotto interno lordo di Israele mentre allo stesso tempo i palestinesi perdono numerosi miliardi per il mancato accesso all’area ‘c’, che è estesa sul 62 per cento della Cisgiordania”.

 Il riferimento di Shtayyeh è alla suddivisione in tre zone differenti della regione, occupata dall’esercito di Tel Aviv durante la guerra del 1967. Prima della nascita di Israele nel 1948 la Palestina si estendeva su 27mila chilometri quadrati, ridotti poi a 6mila. In Cisgiordania l’area “c”è quella dove sia la sicurezza sia i servizi sono sotto il controllo israeliano e dove senza l’autorizzazione di Tel Aviv i palestinesi non possono realizzare progetti infrastrutturali o di valore economico. Il primo ministro accusa: “L’area ‘a’ è quella delle città, la ‘b’ quella dei villaggi circostanti e la ‘c’ il resto, dove si dovrebbero realizzare strade o fabbriche ma invece non si può”. Shtayyeh continua: “Anche l’import e l’export è controllato da Israele e sempre Israele raccoglie per conto nostro le tasse trattenendo una quota come costi di gestione, deducendo solo questo mese 276 milioni di shekel (circa 75 milioni di dollari) e costringendoci a fare deficit”. Secondo il primo ministro, in questo contesto sono fondamentali i progetti della cooperazione europea. “La crescita del nostro Pil ha raggiunto il 3,5 per cento”, sottolinea Shtayyeh, “nonostante paradossalmente nello stesso periodo non avessimo risorse per pagare i salari e ancora da sei o sette mesi non riusciamo a versarli appieno”. 

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it