NEWS:

FOTO | VIDEO | La Moldavia a fianco dei rifugiati ucraini, che sognano Odessa

A Balti, nel nord della Moldavia, c'è un'associazione che aiuta i rifiugiati in fuga dalla guerra in Ucraina: si chiama Speranta Terrei e fornisce ai profughi cibo, assistenza medica e psicologica

Pubblicato:08-11-2023 14:50
Ultimo aggiornamento:17-01-2024 11:03

moldavia credits The Global Fund Vincent Becker
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

(per le immagini credits The Global Fund/Vincent Becker)

BALTI (Moldavia) – Ljudmila è partita con due gatti nella borsa. Il taxi per la frontiera l’aveva prenotato il figlio che vive in Canada, dall’altra parte del mondo. Lei è salita a bordo di fronte al Museo di belle arti di Odessa che hanno bombardato ancora lunedì scorso, ed è arrivata fino a Palanka, alla frontiera con la Moldavia.
Non ero mai stata prima in questo Paese” dice, fermandosi un attimo e poi scandendo le parole: “Grazie di cuore a chi mi ha accolto e mi ha ridato speranza”.

Siamo a Balti, nel nord della Moldavia, una ex repubblica sovietica di due milioni e 600mila abitanti, stretta tra la Romania a ovest che è già Unione Europea e l’Ucraina a est dilaniata dalla guerra. Da ormai un anno e mezzo Ljudmila Fedoruk frequenta il centro dell’associazione Speranta Terrei. Il nome in romeno vuol dire “la speranza del mondo“: nel concreto significa supporto sociale e diritto alla salute anche per le comunità più vulnerabili.


Le persone rifugiate possono avere gratuitamente pasta, riso, lenticchie, olio e tutto ciò che serve per una buona alimentazione” spiega la dottoressa Feodora Rodiucova, la presidente dell’associazione. “Grazie ad assistenti e psicologi sono garantite anche consulenze in rete con il Servizio sanitario nazionale”. Rodiucova è una specialista in tisio-pneumologia e per quasi dieci anni a Balti ha diretto il dipartimento comunale per la Salute pubblica. “Uno degli impegni riguarda le radiografie toraciche” spiega la dottoressa: “Sono necessarie per rilevare i casi di tubercolosi, una malattia infettiva che in condizioni di stress, abbassamento delle difese immunitarie, marginalità e povertà colpisce spesso chi ha dovuto lasciare le proprie case e la propria vita”.

Le attività di monitoraggio e consulenza di Speranta Terrei sono sostenute dal Fondo globale, un meccanismo multilaterale che supporta i sistemi sanitari dei Paesi più vulnerabili. La Moldavia è uno di questi, per la crisi economico-sociale che si è accompagnata alle liberalizzazioni post-sovietiche degli anni Novanta e ora per la guerra in Ucraina. Dall’offensiva russa del febbraio 2022 in poi, attraverso Palanca e altri valichi di frontiera sono giunte oltre 900mila persone, un record assoluto per numero di rifugiati in rapporto alla popolazione locale. Più di centomila dei nuovi arrivati sono rimasti: nonostante le garanzie di protezione temporanea fornite nei Paesi dell’Unione Europea, hanno scelto di non continuare il viaggio nella speranza di poter tornare presto a casa.

A Balti sono stati accolti anche in ostelli studenteschi, come Andrej Plentev, che pure è originario di Odessa. “La città è ad appena 60 chilometri dal confine, volendo potrei tornarci a piedi” sorride amaro, mentre muove le dita come a immaginare il percorso su una mappa. “La situazione però non sta affatto migliorando: nella zona del centro e del porto continuano a cadere missili; non appena mi sarò sistemato al meglio a Balti andrò a prendere mia madre, che ha 82 anni e finora non è voluta venire via”.
Secondo Andrej, che a Odessa ha dovuto lasciare anche un lavoro da tecnico marittimo, i bombardamenti sono divenuti più frequenti dopo la chiusura del cosiddetto “corridoio del grano”, la rotta per l’export dei cereali concordata da Russia e da Ucraina grazie a una mediazione dell’Onu. Questa settimana in un bombardamento è stato danneggiato anche il Museo di belle arti, nel centro storico: fotografie pubblicate dai giornali mostrano un cratere davanti alle colonne neoclassiche dell’edificio, finestre in frantumi e muri crepati. Le circa 12mila opere della collezione sono state trasferite all’estero già nel febbraio 2022 ma, sottolinea Andrej, il raid conferma che i rischi per la popolazione non sono diminuiti.
Vorrebbe tornare a casa anche Anastasia Netrebskaja. Tiene stretto il braccio del marito Nikolaj mentre racconta della fuga da Kiev l’anno scorso. “Siamo andati via senza nulla” ricorda. “Qui siamo stati accolti e abbiamo ricevuto aiuti alimentari e assistenza medica: Nikolaj è stato operato per un tumore e adesso sta bene, pazienza se ha dovuto lasciare il lavoro da ingegnere”.

Nella stanza accanto, di fronte a una credenza affollata di peluche, siede Rima Vasilevna. Ha 86 anni e un fazzoletto da “babushka” che le copre i capelli. “I miei nipoti sono rimasti ma io avevo paura e alla fine sono andata via da sola” ricorda della partenza dalla regione di Kirovohrad, nell’Ucraina centrale. “Ho impiegato tre giorni per raggiungere il confine: dovevamo scendere dal pullman di continuo perché bombardavano e bisognava mettersi al riparo”.
Anche oggi Andrej, Rima, Anastasia, Nikolaj e Ljudmila si ritrovano a bere il tè nella sede di Speranta Terrei. Sul display di un telefono intanto scorrono foto di gatti. A mostrarle è Ljudmila: “Ci siamo fermati qui”, sorride, “perché non volevamo allontanarci troppo da casa”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it