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Inchiesta sui conti, il Manchester City come la Juve? Il club inglese rischia grosso

I campioni in carica d'Inghilterra messi sotto accusa dalla Premier League per possibili violazioni delle norme finanziarie: spettro penalizzazione o esclusione

Pubblicato:07-02-2023 14:51
Ultimo aggiornamento:07-02-2023 14:51

guardiola
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ROMA – Ogni riferimento alla Juventus è puramente casuale. Ma è implicito in tutto il “caso” Manchester City e alle reazioni della grande stampa internazionale alle accuse (più di cento relative ad un decennio) mosse dalla Premier League ad uno dei club più ricchi e potenti del mondo: se riconosciuto colpevole sarebbe un epocale colpo d’immagine inferto all’integrità del calcio inglese, e alla sua industria.

È stata proprio la lega inglese ad accusare i campioni in carica di decine di violazioni delle norme finanziarie dal 2009 al 2018: i Citizens sono stati deferiti a una commissione indipendente, che giudicherà l’operato del club. Le due vicende giudiziarie sono diverse ma interconnesse: libri contabili e artifici finanziari, regolarità delle competizioni sportive, possibili sanzioni. Tutto riconducibile allo stesso tema: la giustizia sportiva in senso lato.

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La rassegna stampa internazionale dà la misura del ‘caso’: ne scrivono con gli stessi toni il New York Times, il Times di Londra, il Guardian, il Telegraph, L’Equipe, gli spagnoli. Il punto (di possibile non ritorno) è conforme nelle argomentazioni: il “così fan tutti”, che in Italia ammorbidisce i commenti per la situazione della Juve, non esiste. Si invocano pene esemplari, dissuasive.

Il New York Times scrive “che è quasi certamente il più grande scandalo che abbia colpito la Premier League nei 31 anni della sua esistenza”. Perché il City è un catalizzatore dell’immagine stessa della sbrilluccicante lega inglese, costretta a “dover mettere un asterisco accanto a più di un decennio della sua storia orgogliosamente melodrammatica, inclusi alcuni dei suoi momenti più iconici”.

Il punto per il Nyt è formale: “L’idea che quando la tirannia è legge, la rivoluzione è un dovere non regge, non nello sport. Non è solo che l’integrità dell’intera attività si basa su una comune accettazione delle regole – il presupposto che tutti, siano essi squadre o atleti, gareggino nelle stesse condizioni – è che il significato stesso si basa su questo. Le regole danno lo scopo dell’esercizio”.

E c’è un problema di vittime collaterali. Un discorso che vale per le rivali del City che è facilmente adattabile alla Serie A eventualmente rovinata dal comportamento della Juventus: “Che il City fosse la squadra migliore non è in discussione. La posta in gioco, invece, è se fosse in grado di raggiungere tutte quelle finali, di vincere tutti quei trofei, operando con le stesse regole e restrizioni di tutti gli altri. Se così non fosse, allora non c’è punizione, per quanto dura, che restituisca ciò che è stato perduto”.

La regolarità della competizione sportiva è il punto di congiunzione con l’inchiesta che riguarda la Juventus: il “doping finanziario” che secondo il Times di Londra “inquina il gioco. Distorce la concorrenza e la grande gioia della Premier League, il motivo per cui è l’evento sportivo più popolare al mondo. Alcuni club bilanciano i conti, sviluppano giovani cresciuti in casa, convincono i talenti stranieri a firmare con la promessa di buone opportunità di lavoro, non attraverso l’esca finanziaria. Un tale approccio deve essere protetto”.

E il Times coglie un altro argomento sensibile, per il caso bianconero: “La saga serve a evidenziare perché è necessario un regolatore indipendente, un organismo con poteri legislativi per tenere traccia delle spese dei club e convincerli ad aprire i loro libri contabili. Non in futuro. Ora. Non aspettando Der Spiegel e Wiki Leaks”. In Italia la giustizia sportiva è arrivata a punire la Juventus solo dopo l’avvio dell’inchiesta Prisma.

Sul Guardian Barney Ronay scrive che “la spada della giustizia non dorme mai quando c’è di mezzo denaro, calcio, potere, influenza, denaro e soprattutto denaro”. E che le accuse “minacciano, se provate, di minare l’intero edificio del potere dominante del calcio inglese dell’ultimo decennio, e mettono in discussione l’intera base e motivazione del modello di proprietà stato-nazione”. “Per dirla francamente, potremmo avere tra le mani uno shit-show assoluto”.

“L’idea che le regole possano semplicemente essere ignorate se si hanno i mezzi e il potere è moralmente ripugnante. Il calcio ha smesso di essere una favola da tempo – si legge ancora -. Ma se il City viene ritenuto colpevole di aver modificato i libri su un’intera era di successi calcistici inglesi, avrà praticamente spento quella luce per sempre, infranto non solo le regole ma l’incantesimo, la sensazione che ciò che stai guardando è ancora a un certo livello reale, credibile e diretto”.

Sulla stessa linea il Telegraph: “Se vengono giudicati colpevoli, allora la punizione deve essere proporzionalmente severa“, scrive Jason Burt. Perché negli anni sotto inchiesta il City ha vinto sei campionati. “Se queste accuse sono provate, tutti quei titoli dovrebbero essere considerati validi?”. Questo, scrive il Telegraph, “è il test definitivo per la Premier League per dimostrare quanto sia forte, “il City deve essere severamente punito in un modo significativo, che influisca sul suo futuro”. L’estromissione dalla Premier? “È una cosa che il City potrebbe dover contemplare”.

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