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Indi, Giorlandino: la medicina prenatale in UK arretrata, il tasso di nati morti doppio dell’Italia

Mamme morte di parto (dati WHO 2020): 19 in Italia e 67 in Inghilterra

Pubblicato:15-11-2023 14:23
Ultimo aggiornamento:15-11-2023 15:40
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indi gregory
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ROMA – “La diagnosi prenatale in Gran Bretagna è molto arretrata. Pochi esami sono completi per ragione di risparmio e c’è una scarsa preparazione dei medici. Il dramma che ha colpito i genitori della piccola Indi, dopo la decisione di sospendere i sostegni vitali che la tenevano in vita, ha riempito di rabbia e furore i loro cuori. È una reazione attesa, un meccanismo di difesa in reazione al lutto. La piccola era nata con una terribile malattia genetica incurabile che porta inesorabilmente al fine vita. I supporti vitali che la sostenevano cominciavano ad avere il sapore dell’accanimento e, per certi versi, della strumentalizzazione di una creatura sofferente oltre ogni misura. La rabbia che è esplosa nel momento della morte, in realtà ricopre soprattutto il dolore per la malattia, per quegli otto mesi di sofferenza che avranno devastato le loro vite e, ancora peggio, resi furiosi per l’andirivieni di false promesse alternate alle ovvie delusioni”. Con queste parole il professor Claudio Giorlandino, direttore del Centro di Ricerche Altamedica, commenta alla Dire la morte della piccola Indi, accendendo anche un faro sulla situazione della medicina prenatale inglese che, appunto, ha tutto da invidiare a quella italiana.
Lo confermerebbero alcuni dati messi a confronto. Da dati Europeistat i nati morti sulle nascite totali sono lo 0.6 su 100 in Italia e ben 1.7 in UK (dati 2019) così come sulla mortalità della mamme, come riportato dai dati della WHO del 2020, se in Italia ci sono state 19 donne morte di parto (5 su 100.000), sono state ben 67 in Inghilterra (circa 10 su 100.000). In Italia, secondo fonti governative, il dato di mortalità infantile ad 1 anno è pari a 2,4 ogni 1000 nati mentre è 4 in Inghilterra con una forbice di quasi il doppio.

Quanto alla tipologia di diagnosi prenatale, in UK si usa ancora quasi esclusivamente il vecchio ed impreciso test combinato per sindrome Down, Edwards e Patau, anche il DNA su sangue materno è circoscritto a queste tre trisomie e rappresenta uno screening impreciso. Si ricorre ad amniocentesi e villocentesi di rado, alla ricerca delle 6.000 patologie attraverso l’esoma solo eccezionalmente”, spiega sempre Giorlandino. Secondo Gene People UK si stima che nel Regno Unito 30mila bambini siano diagnosticati ogni anno con una patologia genetica, mentre in Italia sono 10mila perché la diagnosi prenatale è più accurata ed estesa.

“La sindrome da deplezione del DNA mitocondriale tipo 13 (encefalomiopatia), che ha colpito Indi, risiede sul gene FBXL4 di entrambi i genitori. Si tratta di una malattia genetica cosiddetta recessiva della quale i genitori sono entrambi portatori sani. Le leggi di Mendel ci insegnano che, quando due portatori sani si incontrano, la possibilità che un loro figlio erediti il gene malato è del 25%, cioè di un figlio su 4. Sarà assolutamente necessario che i genitori eseguano il controllo del loro DNA prima di concepire nuovamente e a questo punto avranno due possibilità. La prima- spiega Giorlandino- è quella di eseguire una fertilizzazione in vitro, praticare una analisi genetica degli embrioni prima dell’impianto e, poi, trasferire solo quello sano. In seconda ipotesi sottoporsi ad una villocentesi a 11 settimane di gravidanza per conoscere se l’embrione svilupperà la stessa malattia della piccola”.

E sulla decisione legale Giorlandino torna a puntare i riflettori sulla diagnosi in utero, la vera responsabile meno in vista di questa recente cronaca: “I genitori di Indi stanno colmando la perdita ricoprendo il dolore con la collera verso chi, si rappresentano, essere il responsabile della morte del loro angioletto. Nessuno è colpevole, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà e sperare che, in Inghilterra, aiutino i genitori a capire che per quanto sia doloroso ammetterlo, la prima causa di ciò che è avvenuto risiede nel loro patrimonio genetico”.


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