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‘Corazón del Chocò’, in Ecuador l’alleanza tra cacao e comunità è vincente (e prelibata)

Nell'azienda di famiglia di due beneficiari del progetto Latitud Iche, che promuove le produzioni locali e ancestrali

Pubblicato:06-10-2022 13:15
Ultimo aggiornamento:06-10-2022 16:47
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(Dal nostro inviato Brando Ricci)

PEDERNALES (ECUADOR) – E’ solo da poco tempo che Jasmany Marzillo e Luz Elena Sabando Orti possono portare a termine il processo di produzione del cacao, dalla pianta fino al confezionamento delle barrette. Prima, tutto si fermava alla fase di essiccazione delle fave, che venivano vendute ad altre realtà della zona. Adesso i due, marito e moglie, guardano orgogliosi il loro prodotto, carta color argento ed etichetta bianca, disposte su un tavolo nel cuore della loro azienda di famiglia: il “Corazón del Chocò”.

La piantagione è parte di Latitud Iche, un ampio progetto di rilancio delle realtà produttive della provincia di Manabì, nel nord della costa pacifica dell’Ecuador, a partire dalla sua tradizione gastronomica e dai suoi prodotti alimentari. Latitud Iche si sviluppa nel contesto di un’alleanza fra quattro cantoni della regione nata all’indomani di un terremoto che nel 2016 provocò la morte di oltre 600 persone e la distruzione di molte delle infrastrutture dell’area.
Operatori della ong Fundación para los Emprendimientos Gastronómicos y las Oportunidades Sostenibles (Fuegos), l’organizzazione che implementa l’iniziativa, si dedicano ora ad assistere a livello tecnico aziende come Corazón del Chocò, che si trova nel cantone di Pedernales, il più settentrionale dei quattro della provincia. Fuegos implementa l’iniziativa in collaborazione con il governo della provincia e l’università ‘Laica Eloy Alfaro de Manabì’ (Uleam) di Pedernales, e gode anche del finanziamento del Fondo italo-ecuatoriano para el Desarrollo Sostenible (Fieds) e dal Banco Interamericano de Desarrollo (Bid).


LA ‘FINCA’ DI MARZILLO E SABANDO

Il proprietario della “finca”, come sono note qui questo tipo di aziende a gestione familiare, attraversa con passo sicuro la piantagione di cacao e indica con competenza i frutti gialli e rossi sulle piante che corrono lungo un percorso in mattoni di pietra, che rende più agile il passaggio dei visitatori. “Quello rosso” dichiara all’agenzia Dire Marzillo, stivali quasi al ginocchio e machete nella fondina, “si chiama ‘Ccn’, sigla che indica la clonazione di una variante originale, mentre quello giallo è definito ‘fin de aroma’. La prima qualità è la migliore per produrre il burro di cacao mentre la seconda è quella di più alta qualità in assoluto per essere consumata”.
Il camminamento passa attraverso una rigogliosa vegetazione. Corazón del Chocò si trova all’interno della riserva ecologica Mache-Chindul, istituita dal governo nel 1996. Nella zona, parte dell’ecosistema del Choco, che si estende da Panama fino al nord del Perù, si registra un microclima umido molto diverso da quello che caratterizza la fascia costiera.

L’IMPATTO DEI CAMBIAMENTI DEL CLIMA

“Normalmente qui fa molto caldo, ma l’ultimo inverno è stato più freddo e questo ha avuto delle ripercussioni negative sul cacao”, spiega ancora Marzillo indicando un frutto annerito e inutilizzabile caduto al suolo e ormai ricoperto dal fogliame. La regione affacciata sul Pacifico non è estranea ai cambiamenti climatici che stanno interessando tutto il pianeta. “Trent’anni fa pioveva nove mesi all’anno e per i restanti tre non si registravano precipitazioni, mentre ora è il contrario”, riferisce Marzillo, che ora parla all’interno di uno stabilimento immerso nell’odore acre delle fave fermentate.

Nella piccola struttura in legno si svolge appunto la fermentazione dei semi, “che conferisce al prodotto finale un aroma molto più complesso e al contempo gradevole- aggiunge il proprietario della finca- e che avviene in casse di legno di alloro, un albero ‘amico’ del cacao che cresce nella piantagione e che presenta della caratteristiche che favoriscono la fermentazione delle fave di cacao”. Accanto alle casse di legno, una vasca dove le bacche restano ad essiccare per circa otto giorni.

La fase finale della produzione, ossia raffinazione e impacchettamento, avvengono in due diverse stanze di una piccola struttura situata in cima a una radura al margine della piantagione. “Un tempo sapevamo solo che il cioccolato veniva dal cacao, ora siamo in grado di seguire tutto il processo di produzione”, dichiara sorridendo sempre alla Dire la moglie di Marzillo, Sabando. Un’affermazione la sua, che riassume oltre otto anni di vita della famiglia: da quando i proprietari della finca, che all’epoca non si chiamava neanche Corazón del Chocò, hanno iniziato la loro avventura. Solo da due anni vendono il prodotto finito e dal cacao si è passati finalmente al cioccolato. Ora le prospettive si ampliano ulteriormente grazie al contributo di Latitud Iche.

CACAO E CAFFÈ, AMICI DELL’ECONOMIA

L’obiettivo è valorizzare produzioni ancestrali come quelle del cacao, che già giocano un ruolo fondamentale nell’economia della provincia.

Nella zona, stando a dati del Sistema Integrado de Conocimiento y Estadística Social del Ecuador (Sices) aggiornati al 2017, circa un quinto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Lo spiega Fernando Intriago Franco, esponente della comunità e guida turistica che ha deciso di collaborare al progetto come volontario in virtù della sua esperienza rispetto alla catena di valore del caffè, altro fiore all’occhiello del Manabì la cui produzione è molto simile a quella del cioccolato. “Corazón del Chocò fa parte di Asumache, un’associazione di produttori di cacao che da 20 anni mette insieme più di un centinaio di famiglie, distribuite su circa 700 ettari di piantagione del caffè”, spiega ancora alla Dire.

“Questo prodotto ha avuto un grande ruolo nella stabilità economica della zona- aggiunge- basta pensare che durante la pandemia di Covid-19, che ha causato anche qui molte difficoltà economiche, tante di queste persone hanno potuto continuare a mantenersi senza troppe difficoltà. Ad aiutarle ci ha pensato il cacao“.

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