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Migranti, la sentenza del giudice di Parma smonta il decreto sicurezza

Il giudice di Parma sottolinea come la mancata concessione della residenza possa privare la persona di diritti fondamentali

Pubblicato:05-08-2019 16:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:36

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PARMA – “Il giudice ordina al Comune di Parma, in persona del sindaco pro tempore, l’immediata iscrizione nel registro anagrafico della popolazione residente”. Si chiude con queste parole l’ordinanza -datata due agosto, ma resa nota solo oggi- del tribunale di Parma che reinterpreta la norma inserita del decreto “Immigrazione e Sicurezza” sul divieto ai richiedenti asilo all’iscrizione all’anagrafe dei Comuni. È la prima decisione del genere in provincia di Parma, che segue le pronunce di altri tribunali italiani.

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In particolare il provvedimento fa riferimento al caso di un richiedente asilo arrivato in Italia nel 2018 che aveva ottenuto a Gorizia un permesso di soggiorno per la richiesta di protezione internazionale, rinnovato lo scorso 14 novembre dalla Questura di Parma. Ad aprile aveva fatto richiesta di riconoscimento di residenza all’anagrafe di Parma e il 20 maggio era arrivato il rigetto che faceva riferimento alla decreto Sicurezza. Tale documento, tra l’altro consegnato a mano direttamente nell’appartamento dove l’uomo tutt’ora vive, era stato impugnato.


Accogliendo il ricorso del migrante il giudice di Parma sottolinea in sostanza come la mancata concessione della residenza possa privare la persona di diritti fondamentali come quelli sociosanitari, la possibilità di accedere ai servizi sociali o ai sussidi economici.

Il vero cuore della decisione del giudice però, è sulla definizione di titolo necessario per l’iscrizione anagrafica. Secondo il decreto Sicurezza infatti il solo permesso di soggiorno per richiesta asilo “non costituisce titolo per l’iscrizione”. Per il magistrato questa definizione “non è di immediata chiarezza”. In nessuna norma, infatti, si “citano documenti che costituiscano ‘titolo’ per l’iscrizione anagrafica”.

In questo contesto la preclusione dell’iscrizione anagrafica “non può essere considerata ragionevole, in quanto il soggetto richiedente protezione internazionale rimarrebbe in una sorta di limbo sino alla definizione del suo procedimento che potrebbe durare svariati anni”.

Altro passaggio cardine su cui si basa la sentenza è quello legato al ruolo del sindaco, considerato come ufficiale anagrafico e quindi non sottoposto direttamente al ministero dell’Interno, al quale spetta solo un ruolo di controllo, ma allo Stato stesso.

“Prospettare un’integrazione necessaria e obbligatoria- scrive il giudice- nei confronti del ministero (…) significherebbe affermare che l’esecutivo possiede ed esercita un potere di vigilanza su attività e decisioni della magistratura demolendo il disposto dell’articolo 104 della Costituzione”.

Ora, sottolinea l’associazione per i diritti dei migranti “Ciac Onlus” di Parma, “questa ordinanza potrebbe essere alla base delle prossime decisioni dei Comuni della provincia per l’iscrizione anagrafica dei cittadini migranti possessori di permesso di soggiorno per richiesta di asilo”.

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