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ROMA – Anche la cantante e ballerina brasiliana Anitta, quasi 17 milioni di follower su Instagram, autrice del brano più ascoltato al mondo sulla piattaforma Spotify a marzo, si è unita al coro di voci che chiedono informazioni sulle ultime violenze denunciate dal popolo originario degli Yanomami per mano dei cercatori d’oro illegali, i cosiddetti “garimpeiros”, nello Stato di Roraima, nell’estremo nord del Brasile.
La cantante, rilanciata anche dalla più grande organizzazione di rappresentanza dei nativi in Brasile, l’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (Apib), e nota per le recenti schermaglie col presidente Jair Bolsonaro, ha condiviso ieri diversi post scanditi dall’hashtag #cadeosyanomami, letteralmente “dove sono gli yanomami, uno dei più discussi nel Paese sudamericano in questi giorni.
Tutto parte dalla denuncia presentata a fine aprile dal Conselho Distrital de Saúde Indígena Yanomami e Ye’kwana (Condisi-Yy), un ente della “terra indigena” Yanomami, la più estesa del Brasile. Il presidente dell’organismo, Júnior Hekurari Yanomami, ha raccolto e rilanciato un’accusa di violenza sessuale e omicidio di una ragazza di 12 anni residente nella comunità Aracaçá, nella regione di Waikás, che sarebbe avvenuta durante un’irruzione dei cercatori d’oro. Nella confusione prodotta dall’aggressione anche una bimba di tre anni sarebbe caduta in un fiume nelle vicinanze e sarebbe da quel momento dispersa.
La Condisi-Yy ha esortato le autorità a intervenire. Stando a quanto riferisce il quotidiano O Globo, un’indagine condotta da polizia federale, pubblico ministero e dall’ente statale Fundação Nacional do Índio (Funai), non ha rinvenuto prove nè dell’omicidio nè della scomparsa dell’altro minore. Gli inquirenti hanno reso noto che continueranno comunque l’inchiesta visto che è emersa “la necessità di approfondire l’indagine, per una migliore chiarificazione dei fatti”. La Condisi-Yy ha anche comunicato però che durante i lavori delle autorità, dopo un primo contatto con la popolazione locale che non ha dato frutti, tutti i nativi che risiedevano ad Aracaçá, almeno 25 persone, sono scomparsi e le loro case sono state trovate bruciate.
Diverse le ipotesi sul tavolo: se l’ente nativo ha infatti comunicato che è consuetudine fra gli yanomani bruciare e abbandonare un villaggio dopo la morte di una persona cara, ci sono state denunce di intimidazione da parte dei garimpeiros. Alcuni nativi hanno anche affermato di aver ricevuto dell’oro in cambio del loro silenzio su quanto avvenuto. Stando a un report pubblicato il mese scorso dall’Hutukara Associação Yanomami (Hay), l’organizzazione più rappresentativa degli Yanomami, la regione di Waikás dove si sono verificati questi atti è quella che ha visto la maggiore crescita nella percentuale di suolo degradato a causa dell’estrattivismo illegale l’anno scorso. Il tema è ora di grande attualità su Twitter ma non mancano le voci critiche. L’attivista nativa Alice Pataxó si è però chiesta se “tutta questa storia dei trend”, porterà il Brasile a “svegliarsi”, almeno “in tempo per le elezioni” previste a ottobre.
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