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Mali, Bamako accusa l’Italia: “Pagando il riscatto finanzia il terrorismo”

Lo riferiscono fonti dell'agenzia Dire. Le tesi sulla vicenda Langone sono in primo piano sui media

Pubblicato:04-03-2024 13:37
Ultimo aggiornamento:05-03-2024 12:13

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ROMA – Italia accusata in Mali di aver versato un riscatto per il rilascio di Rocco Langone, sua moglie Maria Donata Caivano e suo figlio Giovanni Langone: lo riferiscono fonti dell’agenzia Dire a Bamako, condividendo tesi e ricostruzioni rilanciate dalla stampa locale. “Sui giornali e i siti se n’è scritto molto” la premessa. “Ancora prima della liberazione dei tre italiani sequestrati a Koutiala nel 2022 c’era chi aveva riferito di un accordo già sottoscritto”. Stando alle fonti, in Mali quella dei rilasci dietro riscatto non sarebbe una dinamica nuova: “A dicembre una vicenda analoga aveva riguardato un ostaggio di nazionalità sudafricana, Gerco van Deventer, prigioniero per sei anni”.

La tesi è nero su bianco sulle pagine della testata online Mali 24. “Prove schiaccianti rivelano una cospirazione internazionale che coinvolge l’Algeria e l’Italia nel finanziamento del terrorismo” si denuncia nell’articolo, con riferimento alle attività di gruppi armati in diverse zone del Paese. “La liberazione dei tre ostaggi rapiti a Koutiala nel 2022 è avvenuta dopo il pagamento di un riscatto esorbitante di 20 milioni di euro”.

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Mali 24 continua: “Trattative segrete per il rilascio sono state condotte da Algabass Ag Intallah, Ahmed Ag Bibi e Khaled Ag Mohamed, tutti alti funzionari del Cadre strategique permanent (Csp), con Iyad Ag Ghaly, capo del Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin, con la complicità delle autorità e dei servizi segreti algerini e italiani”.


Il Csp è un’alleanza di movimenti politico-militari, di matrice tuareg e con basi nel nord del Paese. Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin, in italiano Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani, nota anche con gli acronimi Jnim e Gsim, è invece un’organizzazione islamista armata. Secondo Mali 24, “la prova della vita degli ostaggi era stata trasmessa alle parti coinvolte in Algeria pochi giorni fa”. La testata indica poi come “data prevista” per il rilascio il 27 febbraio aggiungendo però un’inesattezza rispetto alla data effettiva della liberazione, avvenuta in quello stesso giorno e non in quello successivo. Stando alla ricostruzione, “Algabass Ag Intallah aspettava già che la squadra di esfiltrazione a Tinzaouatene consegnasse gli ostaggi alle autorità algerine e italiane in cambio del riscatto”. La località citata si trova proprio al confine tra Mali e Algeria.

A seguire un’analisi più politica. La tesi è che il pagamento del riscatto costituisca “un atto di finanziamento del terrorismo che rafforza le capacità dei gruppi terroristici e minaccia la stabilità” del Paese. Mali 24 conclude: “Di fronte alle difficoltà finanziarie, la coalizione Csp-Jnim riceve una boccata d’ossigeno grazie a questa manna, consolidando la propria posizione e la propria capacità di destabilizzare il Mali”.

La liberazione degli ostaggi era stata annunciata da Palazzo Chigi il 27 febbraio. “Il rilascio della famiglia” si ricostruisce in una nota, “è stato reso possibile grazie all’intensa attività avviata dall’Aise, di concerto con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, fin dall’immediatezza del sequestro, e in particolare grazie ai contatti dell’Agenzia con personalità tribali e con i servizi di intelligence locali”.
A Bamako è al potere una giunta militare, guidata dal colonnello Assimi Goita. All’origine dei golpe dell’agosto 2020 e poi ancora del maggio 2021, anche le difficoltà incontrate dall’esercito nella lotta contro i gruppi armati, che hanno roccaforti per lo più nel centro e nel nord del Paese.

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