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La denuncia di Emanuela: “Vaccinata con Pfizer all’estero, per me niente Green pass”

Pubblicato:03-09-2021 19:16
Ultimo aggiornamento:03-09-2021 19:24
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Di Giovanni Domaschio

MILANO – Pfizer all’estero? Niente Green Pass. È la storia di Emanuela De Franchis, direttore delle Risorse Umane della multinazionale Pernod Ricard, vaccinata a Dubai in quanto residente nella città degli Emirati assieme alla sua famiglia e rimasta poi vittima della più classica tra le sciagure del belpaese: un cortocircuito burocratico. De Franchis è tornata in Italia in luglio, ed uscito il Green Pass ha prontamente avviato le pratiche necessarie ad ottenerlo, inviando ai dati all’Ats di competenza, quella di Lissone. Qualcosa è però andato storto: “Ho aspettato qualche giorno – afferma – per ricevere il codice via sms per ricevere il certificato, ma non è arrivato. Sono andata sulle app e in farmacia, ma il Green Pass non c’era. Ho chiamato il numero verde 1500 che mi ha detto di aspettare 14 giorni. Ho aspettato ma nulla“.

“NON SO PIÙ COSA FARE, SPERO DI POTERMI VACCINARE DI NUOVO AL PIÙ PRESTO”

Da lì, i disperati tentativi per sbrogliare la matassa burocratica, incorrendo però nell’altrettanto classico fenomeno dello scaricabarile: “Vengo rimbalzata tra l’Asl di Lissone e il ministero della Sanità – spiega De Franchis alla Dire -, con la Regione Lombardia, anello di collegamento tra i due, che dovrebbe mandare un codice al ministero. Il perché questi tre enti non possano parlarsi non l’ho capito”. Ad oggi, in effetti, non sembra esserci spiegazione per questo ritardo ma, aggiunge la protagonista di questa disavventura, “sono ad un punto morto, non so più cosa fare, non vedo l’ora che scadano i nove mesi per farmi un’altra dose di vaccino in Italia e risolvere finalmente il problema“.


“IN ALTRE REGIONI IL PROBLEMA È STATO RISOLTO”

Un’esasperazione, quella espressa da Emanuela De Franchis, più che giustificata. “Lavoro per una multinazionale del settore di vini e alcolici – spiega – e i ristoranti sono luoghi che frequento spesso e, sempre per motivi professionali, viaggio e prendo molti treni“. Tutte attività, insomma, che il green pass lo richiedono, e poco importa che pari valore lo abbia la stampa del foglio dell’Asl che certifica le vaccinazioni, perché questi esercenti e controllori non lo sanno, e pretendono invece di vedere l’agognato lasciapassare verde.

Ulteriore elemento di assurdità in questa vicenda, poi, ne è il carattere aleatorio: “Ci sono diverse altre persone in situazioni simili – sostiene la donna, intervistata dalla Dire – tra lavoratori all’estero e ragazzi che tornano dall’Erasmus, ma molto dipende anche dalla regione di competenza“. Alcune, infatti, hanno attivato una mail apposita per questo tipo di casistiche, ma al momento tra queste non figura la Lombardia. All’inferno burocratico e allo scarico di responsabilità, insomma, si aggiunge anche l’assoluta casualità nella risoluzione di questo tipo di problemi, e la solita frittata all’italiana è così completa.

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