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Digitale e pubblica amministrazione, Di Costanzo: “In Italia bene, ma c’è ancora da fare”

Le parole di Francesco Di Costanzo, presidente e fondatore di Pa social, intervistato sul libro che ha scritto insieme a Domenico Buonaventura

Pubblicato:01-06-2021 12:42
Ultimo aggiornamento:03-06-2021 12:25

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ROMA –  “Il libro è stato concepito per illustrare ciò che è stato fatto dal 2015 ad oggi, non solo da noi ma da centinaia di professionisti da tutta Italia, quando siamo arrivati alla costituzione di una vera e propria associazione nazionale”. Lo ha dichiarato alla Dire Francesco Di Costanzo, presidente e fondatore di Pa social, intervistato sul libro che ha scritto insieme a Domenico Bonaventura dal titolo ‘Digitale – La nuova era della comunicazione e informazione pubblica. Storia e prospettive del modello italiano’.

Parlando della situazione del digitale in Italia, Di Costanzo ha sottolineato come “siamo messi abbastanza bene perché esistono numerose buone pratiche di utilizzo delle piattaforme digitali di comunicazione e informazione sia a livello nazionale sia a livello locale”.

Bene, ma “non benissimo– ha continuato- perché questa è la prima parte del percorso e infatti il libro vuole raccontare una storia, ma anche fissare degli obiettivi futuri da raggiungere“. La pandemia “ha permesso di accelerare sui temi del digitale a 360 gradi- ha evidenziato- quindi anche della comunicazione e informazione pubblica, ma dobbiamo rendere questa situazione la normalità e non la risposta a una situazione emergenziale”.


Fra i prossimi obiettivi “quello su cui siamo tanto in ritardo- ha proseguito Di Costanzo- è il tema del riconoscimento delle professionalità dedicate a questo settore, che toccano poi anche le cosiddette professionalità tradizionali come quella del giornalista o del comunicatore pubblico, ma anche di tante persone che sono figure multidisciplinari che vanno dalla A alla Z di ciò che significa gestire la comunicazione attraverso questi strumenti. Pensiamo alle live, alla gestione del dialogo col cittadino, al tema della lotta alla disinformazione, ci sono talmente tante tematiche che ormai non sono neanche più tecniche, ma di vita quotidiana. Quindi credo che il riconoscimento delle professionalità, una nuova organizzazione del lavoro e un serio approfondimento nella quotidianità di temi come i linguaggi e le tante opportunità che offrono questi strumenti non debbano più essere un tema solo per gli addetti ai lavori, ma di normalità all’interno del settore pubblico”

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