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21 febbraio 2018
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ROMA – Otto tra haitiani e salvadoregni hanno deciso di presentare ricorso contro la revoca dell’amministrazione Trump del loro permesso di protezione temporanea, che li obbligherà tra poco più di un anno a lasciare gli Stati Uniti, ritenendo che tale misura si baserebbe su un presupposto “discriminatorio e razzista”, e che pertanto viola i loro diritti costituzionali.
Il permesso, come stabilito a gennaio dal dipartimento per la Sicurezza nazionale, terminerà a settembre 2019 per i circa 200mila migranti da El Salvador residenti negli Stati Uniti. Lo status era stato accordato loro a partire dal 2001 in seguito alla serie di devastanti terremoti che aveva colpito il Paese.
Quanto ai cittadini haitiani, il documento sarà valido fino a luglio 2019, dopo che era stato prolungato dall’amministrazione Obama nel 2010 per via dei cataclismi che hanno reso l’isola particolarmente fragile sul piano economico e della sicurezza. A gennaio dello stesso anno toccherà ai nicaraguensi, mentre per i migranti dell’Honduras si attende la decisione del dipartimento. A sostenere il ricorso degli otto centroamericani, una ong di Boston che da 50 anni offre supporto legale a coloro che lamentano violazioni di questo tipo.
Il Lawyers’ Committee for Civil Rights and Economic Justice nei mesi scorsi ha sollevato anche il problema della costituzionalità delle misure con cui Trump ha punito le città-santuario, quelle ossia che si sono rifiutate di collaborare con le autorità federali per individuare e quindi espellere i migranti irregolari.
“Mi sento attaccato”, dice al ‘Miami Herald’ Juan Carlos Vidal, una delle persone seguita dal Lawyers’ Committee. Lui, che da aiuto cuoco è riuscito ad aprire quattro ristoranti nella provincia di Boston che impiegano oltre 20 persone, spiega di sentirsi anche “discriminato, sebbene io contribuisca all’economia nazionale. Il Presidente non rispetta o dà valore al mio contributo”. Come spiega il ‘Miami Herald’, si tratta della seconda denuncia di questo genere nelle ultime settimane. A gennaio, un’altra ong ha presentato ricorso nel Maryland contro la revoca del permesso temporaneo per la comunità di 60mila haitiani. Anche in quel caso i legali hanno contestato “una decisione assunta con criteri irrazionali e discriminatori”, e influenzata “dall’ostilità pubblicamente dimostrata contro gli immigrati neri” da parte dell’amministrazione Trump. Secondo Oren Nimni, uno dei legali che difende gli otto migranti haitiani e salvadoregni, la scelta di sospendere la protezione temporanea è in linea con altre misure “bigotte” nell’ambito delle politiche migratorie di Trump: il ‘travel ban’, che colpisce paesi a maggioranza musulmana, e la sospensione del decreto Daca che, se approvata, comporterà il rimpatrio di quei giovani cresciuti negli Stati Uniti poiché arrivati da bambini, al seguito di famiglie entrate illegalmente nel Paese.
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