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Cop26, Soria (Avaaz): “‘Grandi’ in ordine sparso, primo ministro indiano lo conferma”

A Glasgow, dopo aver sottoscritto la dichiarazione di Roma sull'obiettivo di portare a zero le emissioni nette di gas serra "attorno alla metà del secolo", Narendra Modi ha spostato la data-limite al 2070

Pubblicato:02-11-2021 19:17
Ultimo aggiornamento:02-11-2021 19:48

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ROMA – “I ‘grandi’ della Terra non sanno parlare con una voce sola; è stato evidente al G20 di Roma e lo è ancora alla Cop26″: così all’agenzia Dire Oscar Soria, direttore campagne di Avaaz, organizzazione non governativa nata nel 2007 a New York.
L’intervista si tiene dopo la chiusura del forum nella capitale italiana e l’avvio della conferenza delle Nazioni Unite sul clima, in corso a Glasgow, fino al 12 novembre. Nella città scozzese, dopo aver sottoscritto la dichiarazione di Roma sull’obiettivo di portare a zero le emissioni nette di gas serra “attorno alla metà del secolo”, il primo ministro indiano Narendra Modi ha spostato la data-limite al 2070.

Avaaz, impegnata a veicolare le richieste dell’opinione pubblica sui diritti umani e anche sulla difesa dell’ambiente, ha denunciato pochi giorni fa con una petizione il “tradimento” rappresentato dall'”incapacità” dei governi di ridurre le emissioni.
Secondo Soria, “è sconcertante che i Paesi ricchi non abbiano mantenuto la promessa di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 e che comunque non raggiungeranno questa somma prima del 2023″.
La tesi è che non tutti abbiano le stesse responsabilità.

“Dobbiamo riconoscere l’impegno dei Paesi che hanno garantito la loro quota dovuta dei cento miliardi per diversi anni” sottolinea Soria: “Germania, Norvegia e Svezia”.
Secondo il responsabile di Avaaz, “incrementi significativi degli stanziamenti sono stati d’altra parte promessi anche da Danimarca, Francia, Giappone e Nuova Zelanda, che copriranno la loro parte dei cento miliardi o si avvicineranno a farlo”.
Soria sottolinea che nella lista dei Paesi “pigri” figurano invece Australia, Canada e Italia, “che stanno tutti pagando meno di un quarto di quanto dovrebbero”. Stando al responsabile di Avaaz, però, gran parte dell’ammanco è conseguenza delle scelte degli Stati Uniti: “Pesano in modo decisivo sulle emissioni di gas serra a livello globale, ma contribuiscono per meno di due miliardi di dollaro l’anno”.

La data-limite del 2070 indicata da Modi ha contribuito ad alimentare incertezza sui negoziati di Glasgow. Secondo il quotidiano Hindustan Times, il primo ministro “cerca di bilanciare l’azione in difesa del clima con una valutazione realistica della situazione dell’India”. Stando a questa lettura, anche al G20 di Roma il capo di governo “ha provato a guardare al benessere del pianeta senza pregiudicare la crescita economica del suo Paese e monitorando allo stesso tempo gli impegni degli altri governi per il contrasto ai cambiamenti climatici”. Punti chiave, con una popolazione nazionale di oltre un miliardo e 300 milioni di persone, sarebbero l’incremento produttivo e il benessere sociale. “Modi – annota l’Hindustan Times – sa bene che l’India ha il reddito pro capite più basso tra i Paesi del G20, molto al di sotto di quello di Indonesia e Sudafrica e appena un quarto di quello della Cina”.

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