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La vicesindaca di Rimini invoca leggi più rigorose contro i gadget del Fascismo

La richiesta dopo che un cameriere ha "chiesto scusa" e fatto il saluto romano davanti all'effigie di Benito Mussolini dopo aver servito dei clienti di colore

Pubblicato:21-08-2020 10:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:46

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RIMINI – A parte il fatto che le indagini sull’episodio di razzismo nel ristorante di Rimini sono “indispensabili”, come “la necessita’ di contare su riscontri oggettivi”, e’ “necessario” che il Governo e il Parlamento, mettano mano a una legge che metta “paletti molto piu’ rigorosi e individuabili al proliferare di questo fascio-folklore”. La vicesindaco di Rimini, Gloria Lisi torna sulla vicenda accaduta in un ristorante della citta’ qualche giorno fa, quando una famiglia di colore sarebbe stata vittima di un episodio di razzismo.

Un cameriere, infatti, secondo il racconto dei protagonisti Adjisam Mbengue e sua sorella Fatou (che poi hanno sporto denuncia) dopo averli serviti avrebbe “chiesto scusa” e fatto il saluto romano davanti all’effigie di Benito Mussolini rappresentata in alcune bottiglie nel locale.

Per Lisi, “presentare alla luce del sole lugubri gadget fascisti e nazisti, travestendoli da folklore, con il chiaro scopo di strappare una risata da morte, dolore, distruzione, razzismo, e’ da tempo un pezzo non secondario della progressiva assuefazione alla cultura del’egoismo, dell’amnesia, della prevaricazione motivata da ragioni ignobili, senza piu’ alcuna vergogna nell’esplicitarle pubblicamente”.


Da qui la richiesta di “riprendere in mano e approvare quella legge che nel 2015 promosse proprio la citta’ di Rimini, e quindi venne raccolta dalla Regione, grazie alla consigliera Nadia Rossi, e quindi da un gruppo di deputati, tra i quali Emanuele Fiano e Tiziano Arlotti”.

Nel 2018 il percorso parlamentare si spense, “adesso e’ venuto il momento di riaccenderlo”, rincara la vicesindaco.i quel ristorante avere in vista bottiglie di vino con l’effigie di Mussolini fosse una cosa normale. Il vero problema e’ questo“.

Eppure “c’e’ la Costituzione, ci sono leggi, ma prima di tutto questo dovremmo esserci noi, e cioe’ la conoscenza, il rispetto, la solidarieta’ tra persona e persona che precede qualunque apparato legislativo”.

Lisi sottolinea che Rimini fa ospitalita’ “da oltre 70 anni” e sapere “che una famiglia di turisti e’ stata maltrattata e insultata solo per il colore della pelle ci indigna e ci fa arrabbiare“. E sapete che in un ristorante si mostra “la fotografia di un dittatore che ha distrutto il nostro Paese lasciando una scia di violenza e soprusi lunga piu’ di 20 anni mi ribalta lo stomaco”.

Ecco perche’ Lisi ringrazia l’albergo di Viserbella “che ha invitato la famiglia offesa a trascorrere un week end nella propria struttura”.

Sulla vicenda interviene anche la segreteria confederale della Cgil di Rimini parlando di fatti che “evidenziano quanto sia diffuso e sottovalutato il substrato culturale razzista e neofascista purtroppo radicato in troppa parte della societa’”. Senza contare “l’aggravante”, cioe’ il fatto che l’episodio sia accaduto in un pubblico esercizio. L’apologia del fascismo e il razzismo “non possono far parte del turismo riminese e piu’ in generale devono vedere una condanna da parte di tutto il mondo dell’economia”.

La Cgil di Rimini, quindi, condanna i fatti denunciati dalla famiglia e “ritiene ingiustificabile quanto accaduto nel locale”. Nelle aziende, conclude il sindacato, “non devono trovare spazio simboli ed effigi fasciste, serve evidentemente proseguire e rafforzare il lavoro di diffusione di una cultura democratica e antifascista in tutti i luoghi di lavoro”.

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