ROMA – Si intitola ‘Mo te racconto Roma‘, il libro di Umberto Magni, nipote di Luigi, dedicato alle storie e alle leggende che abitano i luoghi più affascinanti di Roma. Perché via del Babuino si chiama così? Chi sono Targhini e Montanari, i due fantasmi che ogni tanto fanno capolino al Muro torto? Nel libro si trovano queste e tante altre risposte sulla Città eterna. Diviso in 11 itinerari può sembrare una guida, ma sarebbe riduttivo annoverarlo fra le tante che esistono di Roma e su Roma.
“Non è una guida di storia dell’arte- sottolinea Magni- nonostante sia diviso in itinerari, con tanto di tempi di percorrenza fra una tappa e l’altra. Uno può girare Roma e vederla con altri occhi. E’ più legata agli aneddoti che animano luoghi e monumenti, leggende che spesso sono sconosciute ai più”. Un libro che nasce a piazza del Popolo durante i funerali del regista Luigi Magni: “Ero in chiesa e durante la messa- continua Magni- pensavo che con lui se ne sarebbe andato un grande conoscitore di Roma, si sarebbero perse un sacco di informazioni e di storie su questa città. Ho deciso allora di raccogliere tutto ciò che sapevo, quello che mi era stato raccontato, quello che ho trovato facendo delle ricerche e ho iniziato, quasi per scherzo, a scrivere questo libro”.
Magni ha insegnato tanti anni architettura e questa passione per l’insegnamento trapela con forza dalle pagine di questo libro. “Questa passione di trasmettere le cose ce l’ho sempre avuta- specifica l’autore- e mi piacerebbe che questo libro fosse utilizzato soprattutto dai più giovani. I racconti sono scritti per incuriosire il lettore senza annoiarlo con una sequela di nozioni, come se si raccontasse una storiella un ragazzo. Nella speranza che a qualcuno possa venire in mente di andare a vedere con i propri occhi i luoghi che descrivo”. Non solo storia quindi, ma anche tante leggende. “Le leggende sono affascinanti, vanno prese in un’altra maniera rispetto a come vengono prese solitamente. L’accezione comune della leggenda è la storiella, la favoletta, la cosa inventata, in realtà la leggenda molto spesso nasconde, da parte del popolino, la voglia di dire qualcosa che magari non si può dire direttamente”.
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