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La chiamata di Enrico Letta per resuscitare il Pd? Risponde Bettini

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:30-09-2022 19:02
Ultimo aggiornamento:03-10-2022 17:55

enrico letta
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ROMA – La storia resta dentro, non c’è niente da fare. Il Pd a guida Letta, visto il disastroso risultato elettorale, è giunto al capolinea. Anzi, proprio contro un muro. Per Rosy Bindi, che ne ha viste abbastanza, è tempo di chiudere la baracca che ormai non accoglie più nessuno, darsi da fare per riaprire qualcosa di più accogliente magari con un nuovo nome e identità. Il congresso per resuscitare il moribondo? “È solo accanimento terapeutico”, ha tagliato corto Bindi. Ma la vecchia anima democristiana che alberga in una parte ampia dei Dem emula figure storiche del passato come Enzo Scotti, soprannominato ‘Tarzan’ per la velocità con cui passava da una cordata all’altra del vecchio Scudocrociato. Ecco, con tranquillità, il segretario che non si ricandiderà ma che vuol guidare, oggi ha scritto a tutto il popolo Dem per spiegare che al Congresso ci si arriverà in 4 tappe: la prima sarà la chiamata; la seconda, quella dei nodi; la terza, quella del confronto; la quarta, quella delle primarie.

“Insomma, come il giro d’Italia, bisognerà vedere se ci sarà qualcuno al traguardo” commenta amaro una voce Dem di Bologna di area Bonaccini. A leggere le parole del professor Arturo Parisi, tra i fondatori del Pd con Romano Prodi, aleggia un pochino di schifo per quanto sta accadendo: formalizza in questo modo il rientro già avvenuto di Bersani e D’Alema, senza il rischio che i non Pci-Pds lascino il partito. Peccato che un partito così fatto sia già esistito: si chiamavano Democratici di Sinistra”, dice Parisi a Huffpost. “Resta solo da capire – aggiunge- come un vecchio partito così restaurato pensi poi di allearsi con un altro, dai pensatori Dem riconosciuto progressista, appena nato al seguito di Giuseppe Conte”. Anche Lia Quartapelle, della segreteria Dem, interpreta le parole di Letta come la “volontà di cambiare il nome per non cambiare nulla“.

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E sta proprio qui il problema, e cioè che c’è ancora qualcuno convinto che alla fine basterà un piccolo aggiustamento, un accordicchio tra correnti, per passare  la nottata. Al contrario, questi mezzucci non basteranno a frenare l’emorragia, perché il contenitore Pd pian piano verrà svuotato da Conte a sinistra, e da Renzi e Calenda a destra. Non basterà riportare i Democratici di sinistra, D’Alema, Bettini, Bersani, Speranza e chi resta della company, per ridare vita ad un progetto fallito. Anzi, in quel modo, riportando indietro le lancette di 20 anni, sarà palese che c’è qualcuno che continua a prendere in giro gli elettori che finora, con pazienza e sofferenza, tappandosi prima il naso poi pure le orecchie e la bocca, hanno continuato a votare per quella che alla fine appare come una casta politica, sempre più piccola, abbarbicata alle poltrone. È tempo di aprire porte e finestre, è tempo di far circolare aria e persone nuove, che la vecchia casta si arrenda e capisca che costruire il futuro non tocca più a loro, che se ne devono andare a casa. 

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