NEWS:

‘Manodopera’ arriva al cinema: una storia ‘cucita a mano’ di emigrazione tra memoria e gratitudine

Il regista Alain Ughetto: “Oggi, purtroppo, i migranti non sono accolti come dovrebbero né in Italia e né in Francia, da nessuna parte”

Pubblicato:29-08-2023 09:30
Ultimo aggiornamento:27-08-2023 21:08

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Una storia ‘cucita a mano’, in cui si intrecciano i fili dei ricordi dell’amore, del duro lavoro, della guerra, della bellezza delle cose fatte a mano, del razzismo subito e delle tradizioni di una famiglia di emigrati italiani del primo ‘900, ma non così lontano dal mondo contemporaneo. “Purtroppo il razzismo è ancora fra di noi. I migranti non sono accolti come dovrebbero essere accolti né in Italia né in Francia, da nessuna parte“. A dirlo è Alain Ughetto, in occasione di un incontro in streaming, che nel suo film animato ‘Manodopera’ ripercorre la storia dei suoi nonni, che hanno affrontato fame, discriminazioni, guerra, povertà e migrazione.

Dal 31 agosto al cinema con Lucky Red, ‘Manodopera’ “l’ho fatto per me, per i miei figli e per le nuove generazioni perché credo che conoscere le proprie origini sia fondamentale“, ha sottolineato il regista.

Accompagnato da una meravigliosa colonna sonora di Nicola Piovani – “è stato un sogno lavorare con lui”, ha svelato Ughetto – ‘il film ‘Manodopera’ è nato da un racconto del padre del regista “riguardo a un paese piemontese, Ughettera, detta ‘la terra degli Ughetto’, in cui tutti avevano il nostro cognome. Dopo la morte di mio padre, sono andato a visitarlo. Poi ho letto ‘Il mondo dei vinti’ di Nuto Revelli attraverso cui ho potuto approfondire come si vivesse in quei luoghi all’epoca dei miei nonni tra guerra e miseria”, ha ricordato Ughetto, che racconta questa storia personale-universale con la stop motion per animare i pupazzetti di resina, di tessuto e caucciù, ma anche i broccoli che diventano alberi, le zollette di zucchero che diventano mattoni e la carbonella che si trasforma in montagne. “La stop motion è un linguaggio poetico che mi ha permesso di trovare la distanza, dando così universalità a una storia ‘Manodopera’ che racconta tre generazioni”, ha detto Ughetto.


Tra dramma e toni leggeri la speranza di una vita migliore spinge Luigi Ughetto e sua moglie Cesira a varcare le Alpi e a trasferirsi con tutta la famiglia in Francia. Una nuova pagina di vita da scrivere tra perdite, conflitti, discriminazioni e nuovi inizi. La narratrice di ‘Manodopera’ è la nonna di Alain Ughetto, Cesira, con la quale il regista dialoga invadendo con dolcezza la scena con la propria mano, che qui ha un significato simbolico: le mani sono legate al lavoro, alla passione, alla creazione e al sostegno. “Le mani di mio nonno hanno trasmesso il loro sapere alle mani di mio padre che a sua volta lo ha trasmesso a me, avevo il dovere di ricordarlo. Non sarei qui senza i miei nonni, senza la loro fatica e i loro sacrifici. Questo è un mio modo per ricordarli e ringraziarli. Per farlo racconto la loro storia d’amore”, ha raccontato il regista.

‘Manodopera’ è un gioiello in cui a splendere è il valore delle mani, l’amore, la gratitudine e l’unione che avvolgono l’intera realizzazione del film. Quelle mani da cui tutto prendeva vita in quell’esistenza sofferta degli emigrati italiani, trattati come cani. ‘Interdit aux chiens et aux italiens’ (come recita il titolo originale del film), ovvero ‘Vietato ai cani e agli Italiani’: “Era un cartello che si trovava in Francia, Svizzera, Belgio. L’ho voluto includere in una scena perché è un chiaro segno di quei tempi e di un razzismo che ancora c’è nel nostro presente“.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it