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La denuncia sulle case famiglia: fughe come quella del giovane a Bursto Arsizio accadono spesso, sono carceri con meno controlli

A lanciare l'allarme l'avvocato Matteo Santini, professore alla Sapienza di diritto minorile

Pubblicato:27-10-2023 15:36
Ultimo aggiornamento:27-10-2023 15:36
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ROMA – “Le fughe capitano molto spesso. La casa famiglia è un contesto in cui i minori non hanno affetto e attenzioni e si sentono controllati e d’altro canto non hanno libertà di vivere le loro amicizie. Dobbiamo immaginare che in questi ambienti ci sono contatti forzati con persone che hanno storie differenti, problematiche anche psichiatriche, orfani, ragazzi che hanno i genitori in carcere e sono strutture che non hanno abbastanza risorse e competenze per dedicarsi in modo differenziato a questi ragazzi”. E’ la denuncia che l’avvocato Matteo Santini, professore alla Sapienza di diritto minorile, lancia alla Dire a pochi giorni dalla notizia della fuga del giovane di 12 anni dalla comunità a Busto Arsizio in cui era stato collocato per tornare dalla sua mamma.
“I controlli sono superficiali, in alcune può entrare di tutto: stupefacenti, o persone. I ragazzi si sentono oppressi e non si possono esprimere. Se vogliono fare uno sport o un’attività non è detto che la casa famiglia possa farlo e poi per qualsiasi cosa si deve passare per il curatore e il tutore: la casa famiglia non può decidere nulla è solo collocataria, è quindi difficile prendere decisioni su questi giovani”, ribadisce.
“Gli istituti religioni stanno un po’ meglio a livello di risorse, ma i controlli su tutte sono carenti a meno che non accadano cose gravissime o su singola denuncia”.
Per questo “bisognerebbe cercare di far rimanere i minori nella cerchia familiare a meno che non ci siano problemi patologici o rischi di incolumità: dentro la casa famiglia le prospettive non sono buone”. E quando si esce, a 18 anni, “magari non si è fatto un avvio ai mestieri e al lavoro”.

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