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Da Scala a Cattedrale, a Milano inizia il ‘dibattito’ pubblico sul nuovo stadio a San Siro

Al via tredici incontri sullo stadio, il 18 novembre la relazione conclusiva. L'obiettivo è convincere i cittadini a smantellare il 'Meazza'

Pubblicato:27-09-2022 16:28
Ultimo aggiornamento:27-09-2022 16:28

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ROMA – No, le luci a San Siro no. Ma Roberto Beccantini, magari sì: “San Siro in Milano è una scheggia di storia d’Italia e non solo di calcio – scriveva sulla Gazzetta dello Sport – un’arena inglese nel senso ludico e filosofico del termine, un inno all’architettura della sostanza (e non della forma)”. Andrebbe messa agli atti del “dibattito pubblico” sul nuovo stadio di Milano anche la grande letteratura sportiva, quella che su carta traduceva l’epica popolare. Perché, citiamo sempre Beccantini, “negli stadi sono nati amori e morti uomini, al grido di ‘né teatri né bordelli’ abbiamo permesso che si trasformassero in covi, in trincee di fili ostinati prima ancora che spinati. Sono stati orrendi lager e appassionati talami, sono stati tutto e, spesso, tutti noi”.

A Palazzo Marino, da domani, si parlerà del nuovo contrastatissimo progetto datato ormai 2019 che dovrebbe trasformare la Scala del calcio in “Cattedrale” smantellando tutta la sua storia da “Meazza”. Dal pallone alla multifunzionalità. Dalla iconica squadratura all’arena con annessi parco, distretto commerciale e cittadella dello sport. Radere al suolo, piallare, rifare tutto in due anelli da circa 60mila posti (9mila premium). Dal romanticismo dei ricordi ai rendering il passo non è affatto breve. Ma il dibattito, politica a parte, è tutto là. Milan, Inter e Comune infine d’accordo per la rivoluzione. La gente chissà.

“C’è ancora chi chiede di restaurare il Meazza- dice il presidente del Milan, Paolo Scaroni- ma come potremmo usarlo negli anni durante i lavori? Per noi questa ipotesi è impossibile: o facciamo il nuovo stadio a San Siro o andiamo da un’altra parte”. E non si può, perché che Milan e Inter restino coabitanti è una clausola non scritta in quasi cento anni di storia: da quel 19 settembre 1926, derby inaugurale Milan-Inter, risultato finale 3-6. Il Comune di Trenno l’avevano accorpato a Milano appena due anni prima, e l’odore prevalente sull’erba era quello dell’adiacente Ippodromo del Trotto. Sotto la tribuna infilarono le scuderie e i magazzini di foraggio. L’avevano pensato “all’inglese” l’ingegnere Alberto Cugini e l’architetto Ulisse Stacchini: Art Nouveau, liberty mittel-europeo. Tredici mesi di lavori per meno di due milioni di lire, mentre in centro lo stesso Stacchini tirava su quasi negli stessi anni la Stazione Centrale con la galleria coperta dell’atrio.


Crescerà, San Siro. Nel 1950 sarà l’impianto più grande del mondo. E il “dibattito pubblico” di domani non ha niente di inedito. Si interrogarono già nel secondo Dopoguerra: ristrutturarlo o farne uno nuovo? Milan e Inter volevano trasferirsi all’Arena, in centro. Vinse la conservazione: così nasce il secondo anello e la struttura a fasci di rampe elicoidali. Mai una partita dovette tenersi altrove, in 500 giorni di cantiere. Lo trovate ancora siffatto nelle cartoline d’epoca, quelle coi piazzali interamente coperti da auto parcheggiate, e la proverbiale nebbia in campo. Quel San Siro così milanese intitolato “al nome di Giuseppe Meazza, espresso dal suo cuore generoso”, lo stadio “glorioso tante volte illustrato dai suoi gesti di atleta”. Prima delle notti magiche di Italia ’90, che ne richiederanno l’aggiornamento con le 11 torri e il terzo anello, Gianni Brera farà in tempo a definirlo “il più bello stadio calcistico del mondo”, “un transatlantico nella cui grande chiglia il vento s’ingolfa e pirla così da ingannare sulla propria direzione e anche sulla propria intensità”.

Domani si comincia con il primo dei tredici incontri aperti a tutta Milano, che in poco più di un mese serviranno a convincere la città a rinunciare al restauro del Meazza. Il 18 novembre il coordinatore Andrea Pillon presenterà la relazione conclusiva con le proposte di modifica (non vincolanti). Il dibattito come “ammortizzatore” sociale, in pratica: giusto il tempo di abituare la comunità allo stress del reset. Comune e club produrranno il dossier conclusivo, con i cantieri programmati a inizio 2024, e il Meazza lì impalato a sopportare l’attesa ospitando persino la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026.

Un miliardo e 294 milioni di investimenti privati, 80 milioni di ricavi annui preventivati per il “comparto stadio” e altri 40 dal “comparto Multifunzionale”. La nuova Cattedrale avrà le sue prime partite nella stagione 2027-2028. Sarà “né teatro né bordello”, più che altro “una scheggia di storia” futura.

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