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Dopo due anni riapre a Roma il Centro di salute mentale di via Gasparri

Presente alla cerimonia l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato: "Restituiamo un punto di riferimento per i cittadini di Primavalle"

Pubblicato:26-10-2022 13:50
Ultimo aggiornamento:26-10-2022 13:50
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ROMA – Si è tenuta questa mattina la cerimonia di riapertura del Centro diurno di salute mentale di via Gasparri, alla presenza dell’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, del Direttore Generale FF, Roberta Volpini, del presidente del Municipio XIV, Marco Della Porta, del Direttore Sanitario Gennaro D’Agostino, del Direttore del Dipartimento di Salute Mentale, Giuseppe Ducci, e di tutta l’equipe multidisciplinare del Centro.

“Un grazie a tutte le operatrici e tutti gli operatori che in un periodo difficile hanno saputo garantire la loro presenza e il loro sostegno. Questo è un luogo pieno di luce che riapre le porte dopo 2 anni di chiusura restituendo un punto di riferimento importante all’utenza del quartiere Primavalle”, ha commentato l’assessore D’Amato. Nello specifico il centro ha in carico 2.400 pazienti e di questi 72 a domicilio, a partire da gennaio sono state 23.000 le prestazioni erogate con una media di due triage psichiatrici al giorno in seguito alla pandemia. Ripartire, quindi, dai servizi territoriali per arrivare a una salute mentale di comunità. Il Centro infatti si occupa, grazie a un’equipe multidisciplinare costituita da 4 psichiatri, 7 infermieri, 2 psicologi e 3 assistenti sociali di prevenzione, cura, riabilitazione dei cittadini che presentano patologie psichiatriche.

In particolare, si tratta di trattamenti psichiatrici e psicoterapia, interventi sociali, ricoveri nelle strutture residenziali, supporto ai caregiver, programmi terapeutici – riabilitativi nell’ottica di un approccio integrato nell’ottica della continuità terapeutica, consulenza specialistica per le dipendenze (alcol, sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo). Attivo 6 giorni su 7 garantendo interventi sia ambulatoriali che domiciliari, per lottare ancora una volta contro lo stigma.


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