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VIDEO | A Grotta Perfetta un ecomostro e 18 famiglie: dopo 22 anni niente casa

Lo stabile avrebbe dovuto accogliere le 18 famiglie della cooperativa 'Inventare l'abitare' che, proprio per la loro adesione al progetto di 'autorecupero' sono uscite dalle graduatorie per un alloggio popolare

Pubblicato:25-02-2020 15:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:03

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ROMA – Ventidue lunghi anni. A tanto ammonta l’attesa di 18 famiglie che nel 1998 decisero di formare una cooperativa per recuperare uno dei tanti immobili dismessi della Capitale e farlo diventare la loro casa. L’immobile in questione è quello di via di Grotta Perfetta 315, ex scuola elementare, ora ecomostro abbandonato e – come documentato dall’agenzia Dire – giaciglio per senzatetto, vagabondi e tossicodipendenti. Lo stabile avrebbe dovuto accogliere le 18 famiglie della cooperativa ‘Inventare l’abitare’ che, proprio per la loro adesione al progetto di ‘autorecupero’ sono uscite dalle graduatorie per un alloggio popolare. Per questa ragione, una volta sospesi i lavori di ristrutturazione per mancanza di fondi da parte del Comune di Roma, sono entrate in una sorta di limbo. E non si intravede una via d’uscita.

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Tina Plumari, lavoratrice, moglie e madre di due figli, insieme alla sua famiglia ha avuto la possibilità di stabilirsi, dal 2003, negli spazi antistanti l’immobile di via di Grotta Perfetta 315. Si tratta di ex uffici comunali, che le 8 famiglie (su 18) assegnatarie hanno dovuto trasformare in dignitose abitazioni a loro spese. Vecchie aule riconvertite in soggiorni, camere da letto, bagni e cucine. Una fortuna – se così si può definire – che al tempo altri non ebbero. Per l’assegnazione di questi alloggi si decise infatti di dare precedenza ai nuclei con figli piccoli, oggi tutti più che maggiorenni. Le altre famiglie? Chi ospite dai parenti, chi in affitto, chi invece ha fatto perdere le proprie tracce. “Al tempo- ha detto Tina all’agenzia Dire- abbiamo creduto che l’autorecupero fosse una valida soluzione per l’emergenza abitativa. Nel 1998 ci siamo riuniti in una cooperativa e abbiamo vinto un bando per il recupero di 8 immobili. Sei sono stati assegnati, il settimo è in via di definizione, manca l’ultimo: il nostro”.

Questi i vari step: nel 2003 l’assegnazione dell’immobile di via di Grotta Perfetta e l’inizio dell’iter per l’avvio dei lavori che sarebbero dovuti terminare nel 2006. Quindi la proroga che portò la scadenza al 2008 e infine, lo stop, a causa della mancata erogazione dei fondi aggiuntivi da parte del Comune. Da allora, l’inizio di un incubo senza fine per i 18 nuclei familiari, fatto di richieste di incontri, tavoli, mail, pec, fax e ogni tipo di sollecito con tutte le giunte che negli anni si sono succedute. Spiega ancora Tina: “Abbiamo avuto rapporti con le due Giunte Rutelli, con quelle guidate da Veltroni, Alemanno e Marino. Dalla Giunta Raggi, invece, solo silenzio. Direi che questa è l’epoca più disastrosa per quel che riguarda l’autorecupero”.

Eppure proprio questo strumento, sembrava essere uno dei capisaldi dei 5 Stelle. Almeno in campagna elettorale: “Alcuni esponenti- ha ricordato Tina- volevano addirittura presentare una proposta di legge sul tema e ci invitarono anche in numerose conferenze stampa. Oggi invece la porta per noi è chiusa. Con gli assessori, con i dirigenti, con il sindaco. C’è una sorta di paura, non capiamo di cosa. Invito invece la Giunta ad andare a vedere tutti i progetti che la cooperativa ha portato a termine, così da rendersi conto con i propri occhi della validità dell’autorecupero come alternativa all’emergenza abitativa”. Una possibile soluzione per le 18 famiglie sembrava poter arrivare dalla Regione Lazio. L’ente di via Cristoforo Colombo, infatti, “si era fatto avanti per trovare le risorse necessarie a sbloccare i lavori”, ha aggiunto Tina. Ma anche in questo caso, è sopraggiunto lo stop del Campidoglio: “Il Comune ha continuato a non rispondere, i soldi sono quindi rimasti in Regione e non è stato possibile procedere”. Nè Tina, nè tutti gli altri che aspettano di entrare in quella che definiscono “la loro casa” hanno intenzione di arrendersi: “Sono passati 23 anni. Alcuni di noi sono morti senza mai poter vedere la propria casa. Ma andiamo avanti perché crediamo in questo progetto e non lasceremo mai lo stabile al Comune di Roma, a costo di riprendercelo così com’è“.

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