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Guardare la Terra dall’alto con la piattaforma stratosferica

Ne abbiamo parlato con il colonnello Aniello Violetti, Vice Capo dell’Ufficio Generale per lo Spazio dell’Aeronautica Militare

Pubblicato:24-06-2019 10:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:26

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Immaginate un enorme dirigibile che staziona, anche per mesi, sopra le nostre teste ad un’altezza di poco superiore ai venti chilometri e da lì osserva la terra e il mare, dando informazioni utili sia per servizi civili che per scopi militari. Tecnicamente si chiama ‘piattaforma stratosferica’ ed è la prossima frontiera della ricerca aerospaziale. Ne abbiamo parlato con il colonnello Aniello Violetti, Vice Capo dell’Ufficio Generale per lo Spazio dell’Aeronautica Militare.

Gli abbiamo chiesto innanzitutto di spiegarci come possiamo immaginare una piattaforma stratosferica.


“Immaginiamo un aerostato: il famoso dirigibile della Good Year, per capirci, con associate delle superfici mobili che permettono la permanenza a quote molto alte. Qual è l’obiettivo? Portare questo enorme pallone – lo chiamo così, ma è una piattaforma molto più complessa. Decollerà in modo quasi verticale da una base militare o anche da una struttura campale e di emergenza (container) e viaggerà nell’atmosfera fino a raggiungere la bassa stratosfera, tra i 20 e i 25 km. Sarà ferma rispetto al suolo, oppure potrà eseguire delle rotte circolari programmate ed avrà una permanenza fino ai 6 mesi al di sopra del traffico aereo civile e militare. Il vantaggio? Poter controllare il territorio in real time, avendo immagini o filmati ripresi con continuità dei luoghi di interesse”, spiega Violetti.

L’Italia è partner di progetti internazionali nati in seno all’Unione europea per cooperare in ambito di difesa e sicurezza, sotto il cappello ‘Pesco’ (acronimo di Cooperazione strutturata permanente). Anche altri Paesi europei, come la Francia, la Spagna e la Polonia sono molto interessate ad acquisire tale capacità ed è per questo che l’Italia si è offerta come nazione leader per lo sviluppo di questa piattaforma tecnologica.

“La Francia ha già avviato il progetto Stratobus. Noi collaboriamo con loro, grazie alla partecipazione di un Consorzio formato sia da aziende nazionali (Leonardo, TAS-I ed Elettronica) sia da Enti di ricerca nazionali (CNR e CIRA)  per cercare di realizzare un’unica capacità di piattaforma stratosferica, ma con due linee di sviluppo diverse. Una francese, appunto Stratobus, che ha una lunghezza al suolo di circa 150 metri, e un’altra piattaforma più piccola, tattica (meno di 40 metri), tutta italiana, realizzata dal consorzio nazionale che stiamo mettendo in piedi che potrà essere lanciata, anche con brevissimo preavviso, da strutture e per esigenze di Disaster Relief e di Emergency Management”

“Al momento stiamo lavorando a un prototipo, ne stiamo studiando le caratteristiche”. L’obiettivo è avere un quadro chiaro prima di investire i soldi dei contribuenti, come avviene anche per l’aviolancio di nanosatelliti”, ribadisce Violetti.

L’idea è quella di posizionare tre piattaforme stratosferiche per avere un punto di osservazione privilegiato di tutta l’Italia.

“Dai primi studi che abbiamo fatto, emerge che con sole tre piattaforme stratosferiche si potrebbero monitorare, in tempo reale, il territorio italiano -spiega Violetti-. Posizionandole in punti strategici del Mediterraneo, inoltre, si potrebbe avere l’osservazione persistente, di tutto il tratto di mare d’interesse nazionale. Utilizzando questa tecnologia potremmo fare anche border control. Questo è molto interessante: tutto quello che stiamo facendo ha una caratteristica duale, è una delle priorità. Ha sicuramente un interesse per la Difesa ma ha una ricaduta per tutti gli altri settori di interesse strategico nazionale”.

Le piattaforme stratosferiche si posizioneranno a una quota compresa tra i 20 e i 25 chilometri, al di fuori delle attuali rotte aeree commerciali e militari. Per farle salire a quell’altezza si pensa di utilizzare dei ‘corridoi segregati’ cioè delle aree ad uso militare che vengono attivate per interessi specifici. La piattaforma può così salire in quota indisturbata, senza nessun rischio di interferenze. Il progetto prevede poi una serie di motori elettrici che vengono alimentati con pannelli solari, durante il giorno. Durante la notte, opereranno grazie alla carica delle batterie. Questi motori elettrici contrasteranno il vento, le correnti, e cercheranno di mantenere la piattaforma in posizione fissa. Sono totalmente ad energia pulita.

Al momento è allo studio anche un regolamento in collaborazione con l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) non solo per le piattaforme stratosferiche ma anche per il volo suborbitale, che interessa pure molti civili. Ma perché è così affascinante?

 “Ci sono due fattori. Ci abbiamo già provato negli anni Sessanta, gli americani in particolare, a scoprire una fascia di Spazio, che noi definiamo aerospazio, tra i 20 e i 100 km, una fascia che nessuno ha davvero dominato. È una fascia di passaggio, in cui non abbiamo mai gestito mezzi aerei. Questo sicuramente affascina. Quello che spinge la parte civile è invece il discorso commerciale. Stanno cercando di attivare voli turistici, per dare ai civili quest’esperienza di volare nello Spazio. E’ Spazio? Non proprio. Con il volo suborbitale si raggiunge una quota massima di 100 chilometri… la sensazione di microgravità dai 5 ai 7 minuti c’è, quindi il turista può avere un flavour di quello che si prova a andare sulla Stazione spaziale internazionale”. 

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