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Un tumore a 35 anni e poi due figlie: la storia di Elisabetta

La storia di Elisabetta, che è stata seguita al San Matteo di Pavia e ha portato felicemente a termine una gravidanza dopo una diagnosi di tumore per mutazione BRCA2 arrivata a 35 anni

Pubblicato:22-01-2024 10:02
Ultimo aggiornamento:22-01-2024 10:02
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ROMA – Se il cancro arriva quando hai 35 anni e stai decidendo di avere un figlio con il tuo compagno il dolore della diagnosi e la paura diventano una violenza in più sulla propria vita e sui propri progetti. Anni fa ricevere questa notizia voleva dire rinunciare al desiderio di maternità. Oggi i dati scientifici raccolti e analizzati nel primo studio internazionale su ‘tumore al seno associato a mutazione BRCA e gravidanza’ e pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama , a cui ha contribuito con l’arruolamento delle storie cliniche delle donne pazienti l’associazione aBRCAdabra, danno però tutta un’altra evidenza, e, è proprio il caso di dirlo, un’altra speranza.

Tra queste storie c’è Elisabetta, giovane donna mutata BRCA2 che come ogni donna mutata il cancro lo ha visto prima nel genitore da cui ha ereditato la mutazione oncogenetica, e poi su se stessa. “Nel 2015 mia madre scopre di avere un tumore al seno, parte con intervento e chemio- racconta- io avevo 35 anni e spaventata chiesi al mio medico di poter fare un controllo al seno, e dopo una mammografia negativa ci fu un’ ecografia positiva. Così dopo nemmeno 2 mesi dalla diagnosi di mia mamma arrivò la mia”. A riportare la storia che incarna perfettamente i risultati del primo studio internazionale sulla sicurezza della gravidanza dopo un tumore BRCA è l’associazione aBRCAdabra, la prima nata per le persone mutate.

LA STORIA

Elisabetta al San Matteo di Pavia segue il percorso idoneo a una donna mutata: test genetico che darà responso di positività, mastectomia bilaterale e ricostruzione del seno. Poi arriva la terapia con la prescrizione di 5 anni di farmaco antiormonale che rischia di azzerare quel progetto di avere figli che tanto desiderava e che cercava da qualche mese, poco prima che arrivasse il verdetto del tumore. Ma lei, secondo precisi criteri, può interromperla prima perché risponde ad alcuni criteri- come ha stabilito un altro studio denominato ‘Positive’- per dedicarsi al sogno di un figlio.


LO STUDIO

“Un tempo la maternità dopo la diagnosi di tumore veniva controindicata, ora grazie a questo studio internazionale è possibile dire con dati solidi che la gravidanza dopo il cancro e le terapie è sicura sia per la mamma, per le recidive di malattia, che per i bambini, in merito a complicanze o malformazioni”. È la sintesi rivoluzionaria del primo studio internazionale che ha reclutato “piu di 4.700 donne da 78 centri sotto i 40 anni”, che dà Matteo Lambertini, ricercatore e coordinatore dello studio, professore associato all’Università di Genova, oncologo all’ospedale Policlinico San Martino di Genova e membro scientifico dell’associazione aBRCAdabra. Il messaggio deve arrivare alle pazienti, ma anche agli oncologi.

“Ci sono infatti ancora correnti di pensiero diverse tra gli oncologi- aggiunge a tal proposito lo specialista- 1 su 3 non è convinto che la gravidanza sia sicura dopo un tumore della mammella e se la donna ha tumore e mutazione questa percentuale aumenta e dal 30% sale al 45, dunque c’è tanto da fare. Nel passato non c’erano questi dati, ora si grazie anche alle pazienti che hanno aderito. Si tratta di donne molto giovani: l’80% ha avuto una gravidanza naturale, il 20% con pma e ora il prossimo passaggio è l’analisi della sicurezza di queste tecniche che utilizzano ormoni. Già in estate avremo i primi esiti. Diverse persone che collaborano con l’associazione aBRCAdabra hanno contribuito nell’ arruolamento delle pazienti, coordinate dai diversi colleghi del board scientifico e presenti nei diversi centri dello studio”, spiega Lambertini.

L’ASSOCIAZIONE

“L’associazione ha attivamente contribuito allo studio stesso attraverso l’ arruolamento di associate con i criteri idonei. La disponibilità delle giovani associate all’ arruolamento è stata totale, essendo il quesito della ricerca una domanda percepita da loro stesse come rilevante: sono numerose infatti le donne che, pur in assenza di dati certi sulla sicurezza oncologica, hanno deciso di diventare madri dopo un tumore al seno BRCA associato in età giovanile. Oggi finalmente siamo in grado di rassicurare queste donne, fin dallo sviluppo della malattia, che esiste un futuro possibile anche per chi progettava una maternità”.
La chirurga senologa Alberta Ferrari, responsabile della struttura semplice dipartimentale “tumori eredo-famigliari” presso il Policlinico San Matteo, in qualità di responsabile locale per questo studio, ha sottolineato il ruolo propositivo dell’associazione nell’indagine e la svolta di speranza che porterà nella vita di tante giovani donne.

“L’associazione è sensibile al tema fin dalla sua nascita- ricorda Ferrari cofondatrice e presidente onoraria dell’associazione-. È datato 2014 infatti l’incontro di lavoro su tumore al seno, BRCA e maternità che ha visto arrivare da tutta Italia giovani donne con i figli anche piccoli per un confronto e aggiornamento su questo tema. È emozionante, esattamente dopo 10 anni da quell’evento, poter oggi rassicurare sulla possibilità di una possibile gravidanza dopo un tumore al seno. Certamente è qualcosa a cui pensare subito, preservando la fertilità della donna da possibili danni collaterali delle cure oncologiche, e decidere insieme la tempistica più adeguata al caso specifico”.
“Le linee guida ci sono già- puntualizza Lambertini- ma sul tema dell’oncofertilità dobbiamo discutere sempre di più e tempestivamente con le giovani BRCA mutate molto giovani, che peraltro hanno un tasso di gravidanza dopo il tumore alla mammella più alto delle donne non mutate sia per la giovanissima età della diagnosi, sia perché molte – le brca1- hanno spesso tumori triplo negativi. Ora lo studio porta evidenze scientifiche per dire che la gravidanza è sicura”.

LA SPERANZA

La storia di Elisabetta può diventare un simbolo per tante e lei mentre guarda le sue piccoline ne è felice: “Dopo due anni ho potuto interrompere la terapia ormonale” e da qui i diversi tentativi e poi finalmente la gravidanza. “Ho incontrato i medici giusti– ammette Elisabetta- devo dire grazie al dottor Fedro Peccatori (IEO) e alla ginecologa Chiara Cassani (San Matteo Pavia) che mi ha seguito come un angelo custode. Loro con i medici che ho incontrato lungo la mia strada mi hanno incoraggiata e ascoltata, se oggi sono qui con le mie bambine lo devo a loro”.

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