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Il mieloma di Giovanni Allevi, il linfoma di BigMama: il cancro in prima serata anche a Sanremo

Da BigMama a Giovanni Allevi, anche il Festival di Sanremo sposa la tendenza sempre più diffusa di dare risalto alle testimonianze di persone affette dal cancro. E lo fa portando la malattia in prima serata

Pubblicato:09-02-2024 13:38
Ultimo aggiornamento:09-02-2024 13:38

giovanni allevi
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ROMA – La testimonianza di Giovanni Allevi all’Ariston commuove il pubblico e infrange un tabù: quello di parlare della malattia oncologica in prima serata tv e per di più durante la manifestazione canora più seguita in Italia e all’estero. Parlare del tumore oggi, grazie anche alle storie raccontate dai personaggi pubblici, che hanno avuto a che fare con questa malattia, sta diventando ‘normale’ e ‘sdogana’ finalmente ciò che significa questo percorso di cura: uno stravolgimento della normalità che, purtroppo, rende inevitabilmente la vita medicalizzata del paziente con tumore, scandita da controlli periodici con tutto il carico emotivo e l’ansia che ne deriva. Va detto, però, che solo fino a qualche tempo fa la persona con un tumore solido o del sangue faceva rima con stigma, isolamento e persino vergogna. Ecco che la società diviene più aperta e accogliente e il paziente oncologico, supportato dallo psico-oncologo riesce, se lo stadio della malattia lo consente, a condurre una vita quanto più possibile integrata nella collettività.
Così nei giorni scorsi il pianista di Ascoli Piceno, tenuto lontano dalle scene da un mieloma multiplo, ha scelto e non a caso di interpretare a Sanremo il brano ‘Tomorrow’, fiducioso nel domani e pronto a condividere con tutti gli ospiti della kermesse e i telespettatori la sua vicenda dolorosa e
personalissima anche per incoraggiare chi vive un momento simile.
Per capire la portata di questo cambiamento in atto nella società e il modello di resilienza che Allevi può rappresentare per il largo pubblico, l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto telefonicamente la dottoressa Anna Costantini, Past President e consigliere nazionale della Società italiana di Psico-oncologia (Sipo).

Anna Costantini

Il racconto di Allevi rappresenta il cambiamento culturale in atto. Quando ho iniziato la mia attività negli anni 80 neanche negli ospedali la parola cancro veniva pronunciata facilmente. Il giorno prima dell’inizio del Festival di Sanremo, Re Carlo ha dichiarato di essersi sottoposto alla prima terapia post intervento e la cantante in gara BigMama di aver avuto un linfoma a 20 anni con necessità di sottoporsi a delle chemioterapie. Due testimonianze che insieme ad altre hanno ‘decastrofizzato’ questo termine. Le tante testimonianze di personaggi famosi e il gran lavoro di divulgazione delle associazioni pazienti e delle società scientifiche aiutano chi si ammala a non vivere il tumore come uno stigma, ma piuttosto come un evento della vita molto serio che va affrontato con l’aiuto dei familiari e di tutta la comunità di supporto. Sono molto contenta di questo cambiamento frutto dell’impegno di anni”.

“La testimonianza di Allevi- ha proseguito Costantini- ha colto l’essenza del valore dell’esistenza umana quando ci si confronta con l’idea e la possibilità del limite della vita. La diagnosi di tumore, in questo caso ematologico, entra in modo spesso improvviso e violento e costituisce quasi sempre una frattura nella continuità esistenziale. Nel caso dell’artista è avvenuta nel pieno della sua carriera professionale e si intuisce dalle sue parole quanto i due anni di cure gli abbiano richiesto resistenza, coraggio, revisione di valori e priorità. Il riferimento toccante ai colori dell’alba e del tramonto, alludono forse alla sofferenza di notti insonni di cui spesso i nostri pazienti ci parlano, quando i pensieri ansiogeni non sono mitigati dalle distrazioni del giorno, ma anche dalla forza della mente che trova senso nel godere della bellezza della natura”.


E ancora prosegue l’esperta: “Allevi fa trasparire tutta la sofferenza di attraversare una rivoluzione esistenziale, ma anche il dono che la mente offre quando, non potendo cambiare la realtà oggettiva (come una malattia o gli effetti dei trattamenti), riesce a modificare il proprio atteggiamento nei confronti di quella realtà e a trovare nuove fonti di speranza quando le cose sembrano andare come mai si sarebbe immaginato. Non tutti i pazienti riescono a trasformare in crescita personale e ricchezza intima tutta la sofferenza che causa una diagnosi di cancro. Un’ampia percentuale- continua Costantini- reagisce all’incertezza che spesso si accompagna al cancro con ansia marcata, depressione clinica o con sentimenti di demoralizzazione e impotenza che invadono la vita quotidiana ed impediscono di recuperare una prospettiva vitale sul proprio futuro ed adattarsi alla nuova condizione, o rilanciare una volta ‘fuori’ dalla malattia. Allevi ha detto di aver combattuto l’incertezza dando maggiore intensità al presente che lui chiama ‘presente allargato’. Un altro concetto molto toccante che ha citato il maestro è quello della gratitudine per la ‘bellezza del creato’, per l’affetto ricevuto dagli altri pazienti, per la medicina e per i medici grazie ai quali ha strappato una manciata di anni alla sua fine”.

La psico-oncologa del tributo di Allevi dice anche: “Allevi mostra come sia possibile trascendere la crisi di una malattia seria così da accedere ad una differente prospettiva sulla vita che paradossalmente apre la mente a nuovi orizzonti e aggiunge umanità e valore ai giorni”. Non per tutti però la malattia equivale a vedere il ‘bicchiere mezzo pieno’. A tal proposito infatti la psico-oncologa precisa come a questa visione “alcune persone ci arrivano da sole per una capacità personale, altri invece non ce la fanno, presentano una sofferenza emozionale da moderata a grave. È importante sapere che si può essere aiutati da efficaci interventi specialistici psico-oncologici– ribadisce l’esperta- oggi una realtà in molti servizi pubblici di oncologia ed ematologia. Certo la malattia è meglio non averla, ma se capita può ‘costringere’ ad una riflessione profonda sul senso dell’esserci, sulle relazioni, sul futuro per offrire opportunità di cambiamenti esistenziali, come spesso capita nei momenti di crisi. In letteratura tutto questo processo si chiama con un temine che è quello ‘crescita post traumatica’, una reazione ‘positiva’ ad un evento traumatico che invece che annientare fa diventare chi lo vive un essere umano più ricco e forse anche migliore”.

Allevi sul palcoscenico dell’Ariston usa la parola ‘guerriero’ come ‘reazione’ alla malattia… “C’è chi ‘ama’ usare la parola ‘guerriero’- precisa Costantini- perché rende l’idea della resistenza ad un invasore a cui non ci si deve arrendere, dello sforzo di contrastare il senso di impotenza che può scaturire dalla malattia. Il rischio di usare questa parola sta nel fatto che in ogni guerra, anche il più coraggioso dei guerrieri, può soccombere. Allora- ripete- l’importante è non sentirsi sconfitti. Attenti a usare dunque questo termine. Allevi ha citato la parola ‘guerriero’ perché evidentemente corrisponde al suo sentire, alla sua esperienza maturata in questi due anni di malattia”.

Se la parola guerriero può essere un termine scivoloso la persona che si confronta con la malattia e cerca di portare avanti con dignità la sua esistenza personale, relazionale e lavorativa, come si può definire? “Si tratta certamente di un essere umano coraggioso– risponde sicura la psico-oncologa- Io ho sempre rispettato dei miei pazienti il coraggio con cui affrontano le prove fisiche, relazionali e psicologiche che la malattia comporta. A volte il coraggio se uno non ce l’ha bisogna darglielo e aiutare a trovarlo. Io non so se Allevi abbia affrontato la malattia da solo, o abbia ricevuto aiuto dai familiari, dal personale curante o da uno psicologo esperto. Certo è un esempio di valore e di speranza per altri pazienti. In ogni caso credo sia importante far sapere alle persone che se da soli non si riesce a sostenere un peso del genere, è necessario parlare con il proprio oncologo o ematologo e chiedere se esiste nella struttura un servizio di psico-oncologia cui rivolgersi per assistenza psicologica nel percorso di cura”.

Nonostante tutto l’argomento tumore è ancora molto scomodo, ma stiamo andando avanti anche a livello legislativo. Infatti, fa sapere in conclusione l’esperta che “la Regione Lazio il 6 febbraio scorso ha presentato in una Conferenza a Roma la proposta di legge n 119 del 1 dicembre 2023 a firma Roberta Della Casa, per l’istituzione dell’assistenza psicologica al paziente oncologico e onco-ematologico nel servizio sanitario regionale, una legge che grazie anche a percorsi formativi mira a garantire a tutti i pazienti e ai loro familiari in carico a servizi di oncologia, ematologia e ricoverati in Hospice o servizi di cure palliative del Lazio, la possibilità di accedere a cure psico-oncologiche specialistiche. Una proposta di legge equa ed attesa che immagino sicuramente verrò approvata a brevissimo”.

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