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Omicidio Saman, la pala a casa dei cugini usata per la tomba della ragazza: “Questo è un clan”

Parlano le parti civili; Confederazione islamica italiana e moschea di Roma: "La religione non c'entra"

Pubblicato:21-11-2023 14:32
Ultimo aggiornamento:21-11-2023 15:47
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saman abbas
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MODENA – Si è associato alle richieste di pena della Procura (ergastolo per i genitori e 30 anni allo zio e ai due cugini) e ha chiesto una provvisionale simbolica di 50.000 euro da versare in solido tra i cinque imputati, più un risarcimento danni da quantificare in sede civile. Così oggi nell’aula di Corte D’Assise del tribunale di Reggio Emilia l’avvocato Nicola Termanini, che rappresenta il Comune di Novellara, una delle nove parti civili ammesse nel processo sulla morte di Saman Abbas.

Ad uccidere la giovane pachistana e occultarne il cadavere in una fossa nella notte del 30 aprile 2021 sarebbero stati i parenti oggi incriminati, mossi dalla convinzione di dover lavare nel sangue l’onore della famiglia che Saman aveva sporcato rifiutando un matrimonio combinato. “Quella sera la ragazza (che aveva deciso di lasciare casa essendo diventata maggiorenne, ndr) pensava di andare incontro alla vita- dice l’avvocato Termanini- invece andava incontro alla morte”. Il legale nel suo intervento si è soffermato parecchio sulle prove raccolte dalla Procura, a cominciare dalla pala trovata a casa dei due cugini, compatibile secondo i periti con quella usata per scavare la tomba di Saman. L’attrezzo e la decisione dei genitori di partire per il Pakistan il giorno immediatamente successivo al delitto sono dunque per l’avvocato forti indizi “di premeditazione e concorso in omicidio”.

L’avvocato Gianluca Bocchino, legale dello studio Tonucci&partners che assiste la Confederazione islamica italiana (Cii) e la grande Moschea di Roma, ha voluto per prima cosa dichiarare “l’assoluta presa di distanza” della comunità islamica dall’omicidio di Saman e avvisato che “strumentalmente le difese cercheranno, seppur in modo legittimo, di giustificare questo efferato omicidio all’interno di una cornice culturale e religiosa che invece non trova nessuna giustificazione”.


Per Bocchino, inoltre, “non si può prendere minimamente in considerazione il tema dell’attenuante culturale o religiosa: la giurisprudenza della Cassazione su questo è consolidatissima”. L’avvocato ha dedicato gran parte del suo intervento a difendere la credibilità di Ali Haider, il fratello di Saman all’epoca dei fatti minorenne. E poi ha ripreso un tema della requisitoria del procuratore Calogero Paci, che ha paragonato la famiglia Abbas ad una cosca di ‘ndrangheta.

“In questa famiglia- spiega Bocchino- il clima è quello di un clan che, fedele ad un precetto e a un’idea, tutela se stesso a discapito di chi ne fa parte”. Infatti “è evidente che c’è una differenza sostanziale tra l’esecutore materiale e chi ha solo compartecipato all’omicidio, ma nessuno degli imputati ha voluto sottolinearlo, magari addossando la colpa su altri per evitare l’ergastolo”. E il motivo è, continua Bocchino, “che ciò che prevale in questa logica familistica è il governo di chi decide e il senso di appartenenza, che sicuramente porta all’omicidio di chi osa prenderne le distanze come ha fatto Saman”.

L’avvocato Bocchino ha concluso dicendo: “In questi giorni si discute di cultura del patriarcato e di femminiciido. Sono temi veri che ci impongono in quest’aula di affermare senza alcun tentennamento la nostra completa adesione alle richieste di condanna della Procura”, a cui l’avvocato associa anche la sua “partecipazione emotiva e morale come uomo”.

Infine Angelo Russo che assiste il fratello di Saman sentito in aula nelle scorse settimane ne ribadisce l’attendibilità. E sulle incongruenze delle dichiarazioni del ragazzo messe in luce dalle difese ricorda che “con la morte della sorella si è verificata una implosione del suo mondo e di tutti i suoi riferimenti”, causando una “devastazione emotiva”. Cosa che ora porterà Haider ad essere seguito fino ai 21 anni.

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